MODELLO SOSTENIBILE Il GOI RISparmio e COnservazione dell’azoto
nei SiStemi Agricoli suini – RISCOSSA (riscossa.crpa.it/)

di Maria Teresa Pacchioli e Sujen Santini

L’inquinamento delle risorse idriche, sotterranee o superficiali, in molti casi è dovuto ad un’eccessiva concentrazione di elementi come l’azoto e il fosforo. Utilizzati in agricoltura perché essenziali per la crescita vegetale, diventano però nocivi quando le loro concentrazioni nelle acque raggiungono livelli troppo elevati. Tipico è l’inquinamento dovuto ai nitrati, una forma minerale dell’azoto particolarmente solubile nelle acque. Anche concentrazioni di pochi milligrammi per litro di nitrati nell’acqua possono risultare tossiche per l’uomo e gli animali. Il limite di potabilità è posto a 50 milligrammi per litro. Per questi motivi, con l’uscita della Direttiva Nitrati (Dir. 91/676/CEE), l’Unione Europea ha avviato il percorso di regolamentazione dell’uso dell’azoto in agricoltura.

La protezione delle acque dall’inquinamento da azoto nelle aree con elevata concentrazione di allevamenti intensivi è una delle problematiche con cui deve confrontarsi la zootecnia italiana, localizzata soprattutto nelle regioni del Nord del Paese. L’agricoltura contribuisce in modo significativo ad aumentare il carico di nutrienti nei corpi idrici: anche se oggi si può ritenere il contenuto di nitrati nelle acque nelle regioni del nord d’Italia in genere stabile, le regioni hanno definito delle aree a rischio, indicate nel Piano tutela delle acque, e tra queste aree spiccano le zone di montagna e collina, in buona misura caratterizzate da corpi idrici in stato non buono.

Il primo fattore che regola l’escrezione di azoto da parte dei suini è evidentemente l’alimentazione proteica, cioè la quantità ed il valore biologico delle proteine che vengono somministrate all’animale. Migliore è il valore biologico delle proteine (cioè la loro fruibilità da parte dell’animale) e migliore la congruità con i fabbisogni quantitativi e qualitativi in termini di amminoacidi, migliore sarà la trasformazione delle proteine alimentari in accrescimento corporeo e quindi minore l’escrezione azotata.

Per questo motivo sia le norme che regolano la salvaguardia delle acque superficiali (D.M. 25 febbraio 2016) sia quelle che regolano le emissioni in atmosfera (Industrial Emissions Directive 2010/75/EU – Integrated Pollution Prevention and Control – Best Available Techniques (BAT) Reference Document for the Intensive Rearing of Poultry or Pigs 2017) e non ultimo le linee guida per la riduzione delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività agricole e zootecniche (Accordo di Bacino Padano del dicembre 2013), mettono in risalto l’efficacia di interventi sull’alimentazione tesi a: 1. adattare il tenore proteico delle diete ai reali fabbisogni dei suini migliorando il valore biologico delle proteine e ottimizzando il rapporto fra energia e proteine; 2. utilizzare diete diverse a seconda della fase di accrescimento degli animali; 3. utilizzare diete a basso tenore proteico integrate con amminoacidi di sintesi.

Questi tre interventi consentono, in ordine di efficacia crescente, di migliorare l’utilizzazione dell’azoto per l’animale, miglioramento che deve essere stimato attraverso un sistema di bilancio che tenga conto degli input (animali e alimenti in entrata nell’allevamento), degli output (animali in uscita) e delle variazioni della consistenza delle scorte vive e morte (per approfondimenti metodologici sul bilancio dell’azoto aqua.crpa.it). Il bilancio dell’azoto dell’allevamento, che rientra nel più complesso bilancio dell’azoto dell’intera azienda, è lo strumento più idoneo per stimare l’effettivo impatto ambientale di un’attività agricola e, dal punto di vista dell’allevatore può essere utilizzato non solo per dimostrare la rispondenza ai requisiti minimi previsti dalla normativa in materia ambientale, ma anche per evidenziare un impatto ambientale minore di quello standard individuato ad esempio dalla D.M. 7 aprile 2006 di recepimento della Direttiva Nitrati, e quindi la possibilità di ridurre le superfici di utilizzazione agronomica previste dal Piano di Utilizzazione Agronomica o di ridurre i quantitativi di azoto per ettaro. Questo aspetto è particolarmente importante nelle zone con acquiferi in non buono stato ed in zone vulnerabili ai nitrati.

Se da un lato si può considerare consolidato dai risultati della ricerca internazionale l’effetto positivo sull’ambiente di una riduzione del tenore proteico delle diete, gli elementi da valutare a livello di applicazione pratica sono soprattutto la costanza dei risultati nel tempo e il grado di riduzione del contenuto di proteina grezza della dieta attuabile senza che vi siano peggioramenti produttivi. Trattando la suinicoltura nazionale c’è la necessità che qualsiasi intervento sulla dieta non vada a scapito non solo della produttività in vivo ed alla macellazione, ma anche della idoneità delle carni alla produzione di stagionati di alta qualità. A questi temi è dedicata una parte delle attività del Piano per l’Innovazione RISparmio e COnservazione dell’azoto nei SiStemi Agricoli suini – RISCOSSA, realizzato nell’abito del PSR 2014-2020 REGIONE EMILIA- ROMAGNA Misura 16.1.01 – Gruppi operativi del partenariato europeo per la produttività e la sostenibilità dell’agricoltura. Il Piano è condotto dalla Fondazione CRPA Studi Ricerche (FCSR) insieme all’azienda Azienda Agricola Spaggiari Daniela, al Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (C.R.E.A.) e a Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA), e la collaborazione tecnica di COMAZOO che ha fornito supporto nella formulazione ed uso delle diete sperimentali. Il Piano vuole contribuire a diffondere un modello di allevamento suinicolo sostenibile, in senso ambientale ed economico, in zone della provincia di Modena dove il modello standard di suinicoltura intensiva ha fallito.

Alimentazione dei suini ed escrezione di azoto.

In sperimentazioni precedenti si è verificata la possibilità di ridurre tra il 10 e il 30% la proteina grezza dietetica dei suini attraverso un bilanciamento del suo valore biologico con l’uso crescente di amminoacidi di sintesi partendo dal primo amminoacido essenziale e limitante (lisina) fino ad arrivare all’uso di 6 amminoacidi di sintesi (lisina, metionina, triptofano, treonina, isoleucina, valina). In questo progetto si è lavorato su 3 cicli di allevamento consecutivi condotti dall’azienda Spaggiari utilizzando diete multifase per adeguare gli apporti nutritivi ai fabbisogni dei suini e, prudenzialmente, senza arrivare alla riduzione massima del tenore proteico che era stata utilizzata in prove sperimentali; Nello specifico si è posizionato il livello proteico delle diete in tutte le fasi al di sopra del valore di proteina minima equilibrata, cioè quella quantità di azoto indifferenziato necessaria agli animali per sintetizzare gli amminoacidi non essenziali. In questo caso la quantità massima di lisina presa a riferimento è stata 6,5 grammi per ogni 100 grammi di proteina grezza. Per ogni ciclo di allevamento condotto presso l’azienda Spaggiari sono stati rilevati la data di introduzione degli animali, il peso di partita, la data ed il peso degli animali eliminati o deceduti, il peso finale di tutti gli animali inviati al macello. I suini sono stati alimentati con materie prime (mais) e nuclei appositamente formulati. Di tutte le partite di mais e nucleo consegnate è stato registrato il peso e prelevato un campione per la determinazione del contenuto in azoto. Per il siero, reperito in loco autonomamente dall’Azienda agricola Spaggiari, è stato prelevato un campione a cadenza almeno bisettimanale.

Sono stati condotti tre cicli di allevamento utilizzando suini da ristallo che nei tre casi provenivano da diversi verro terminale differente per genetica: Duroc Italiano primo ciclo, Duroc Danese secondo ciclo e Larghe Withe terzo ciclo. La resa dell’azoto ottenuta nei 3 cicli è stata, rispettivamente, del 30,44%, del 38,39 e del 31, 91. L’azoto escreto negli effluenti calcolato con il metodo del bilancio è stato complessivamente di 3.480,19 chilogrammi nel primo ciclo, 3.044,51 nel secondo e 2.988,04 nel terzo ciclo. Applicando all’escreto la riduzione del 28% per volatilizzazione dell’azoto presente durante la fase di stoccaggio e distribuzione dei reflui, e il numero di cicli di allevamento attuabili nell’anno solare, si ottengono i valori di azoto al campo presentati in tabella 2. Considerando, in base all’accrescimento medio giornaliero, un numero di 1,65 cicli/anno, l’azoto annuo risulterebbe di 4138,4 kg

Come si può vedere in tabella 2, adottando un bilancio analitico dell’azoto consumato rispetto ad usare il dato tabellare in base al peso vivo medio presente fornito dall’allegato del DM 7 aprile 2006 per la redazione del Piano di Utilizzazione Agronomica dei reflui, si avrebbero notevoli risparmi di superficie per lo spandimento. Questo significa che l’adozione della dieta a ridotto tenore proteico e del calcolo di bilancio dell’azoto possono rappresentare una opportunità per risparmiare terreno impiegato per il PUA, così come permettere l’allevamento di più animali a parità di ettari disponibili.

Conclusioni

Questi primi risultati mostrano come sia possibile reintrodurre l’allevamento dei suini anche in zone collinare e montane della regione Emilia-Romagna, dove la disponibilità di terreni idonei allo spandimento dei reflui è limitata per condizioni di accessibilità e pendenza, oltre che per la fragilità dei corpi idrici. Qui la realizzazione di allevamenti di grandi dimensioni è impraticabile, ma in piccole realtà gestite con managerialità e competenza è possibile ottenere produzioni soddisfacenti e di qualità, con riduzioni importanti del tenore proteico della dieta.