di Davide Pozzi

La qualità della carne si costruisce in tutte le fasi che costituiscono il processo produttivo, dall’allevamento fino alla distribuzione del prodotto per il consumo. Certamente l’allevamento rappresenta un momento particolarmente importante durante il quale ogni evento, a partire dalla gestione alimentare fino alla pre-macellazione, contribuisce nella definizione delle peculiarità del prodotto finale. Ai fini dell’ottenimento di una carne che soddisfi le aspettative del consumatore, anche le fasi successive all’allevamento risultano basilari. Esse permettono di mantenere, ma anche di compromettere o esaltare, quelle caratteristiche qualitative ottenute attraverso un’opportuna gestione degli animali. La qualità può essere apprezzata sotto diversi aspetti: nutrizionali, igienico sanitari, fisici, chimici e sensoriali. A quest’ultimi spetta una maggiore attenzione; infatti, se negli anni passati non sono mai stati grandemente presi in considerazione, oggi il consumatore desidera che la carne abbia determinate caratteristiche di tenerezza, colore, capacità di ritenzione idrica e la shelf-life (conservazione della qualità totale della carne dalla macellazione alla vendita).
Questo passaggio è stato influenzato dal fatto che alla struttura di macellazione, demandata dalla GDO (Grande Distribuzione Organizzata), interessavano animali con una maggiore resa alla macellazione, una maggiore resa allo spolpo e con una carne più magra possibile. Questi aspetti hanno portato a delle influenze estremamente negative sulla qualità della carne. Negli ultimi anni la GDO ha dovuto invertire la “rotta”, lo stato di ingrassamento 1 (molto scarso) non è più ricercato, mentre si predilige uno stato di ingrassamento 2 (scarso) o 3 (mediamente importante). Questo passaggio ha determinato una grande svolta dal punto di vista della qualità sensoriale. La prima variabile che influenza questi aspetti è il Ph. Valori ideali di Ph della carne, parlando di Ph finale che si è ben stabilizzato con l’esaurimento di tutti gli zuccheri e con la massima produzione di acido lattico, è di 5,5-5,8 a 24 ore post-mortem. I complessi proteolitici che trasformano il muscolo in carne sono Ph dipendenti quindi se non ho un adeguato abbassamento del Ph le catepsine e le calpaine non lavorano. Ridotte riserve di glicogeno (lo zucchero della massa muscolare) alla macellazione si traducono in un Ph alto e carne scura. A livelli elevati di Ph non avviene un’adeguata proteolisi; la struttura muscolare rimane compatta, la carne si ossigena meno e a sua volta la deossimioglobina non si trasforma in ossimioglobina, responsabile del colore rosso ciliegia tanto apprezzata dal consumatore. Inoltre, l’acqua rimane intrappolata a causa della forza attrattiva delle proteine non denaturate e solo dopo la cottura, quando le proteine vengono degradate per effetto del calore, l’acqua viene persa, dando origine ad una carne asciutta a insapore. Diversamente, temperature post-macellazione elevate si traducono in un rapido ed eccessivo declino del Ph con denaturazione della mioglobina e carni di colore pallido. Livelli di Ph inferiori a 6 riducono la capacità di ritenzione idrica.

Anche l’età alla macellazione gioca un ruolo determinante per quanto riguarda colore, tenerezza e gradimento del consumatore. Più è giovane l’animale più la fibra muscolare è sottile e la quantità di collagene è minore. Il collagene che si forma tra i 9 e i 12 mesi è caratterizzato da elevata solubilità. Dopo i 16 mesi, invece, il contenuto di collagene tende a valori pressoché costanti ma perde progressivamente di solubilità rendendo la carne meno tenera. Inoltre, più il soggetto è giovane, minore è il contenuto di mioglobina nel muscolo con una colorazione più chiara della carne. Ulteriore fattore è lo stato di ingrassamento. Esso da una succosità ottimale, un aroma ricco, un’elevata tenerezza e una maggiore tenuta al banco. Il grasso rallenta il raffreddamento post-macellazione in questo modo i fenomeni enzimatici lavorano nelle condizioni ottimali. I principali fattori che influenzano l’ingrassamento sono: il sesso, la genetica e il valore energetico della razione. Un aspetto di non minore importanza è il benessere animale. È ormai da tutti riconosciuto che un animale che riceve le cure adeguate ha una carne con caratteristiche migliori per la tenerezza, il sapore, il colore e la conservabilità rispetto ad animali che non vivono in condizioni di benessere. Infine il sistema di allevamento; produrre carne di eccellente qualità in allevamenti estensivi risulta difficile. L’animale muovendosi di più ha un maggior accumulo di mioglobina comportando un colore più scuro della carne. Inoltre un minor incremento ponderale giornaliero comporta un invecchiamento dell’animale. Per ultimo il colore del grasso è più giallo dovuto all’invecchiamento dell’animale e ai betacaroteni del pascolo. Da quanto esposto emerge chiaramente come il raggiungimento di un elevato standard qualitativo della carne bovina rappresenti un processo articolato, complesso e delicato dove, se non si considerano con attenzione le numerosissime variabili in grado di interferire sulle adeguate modalità produttive e di trasformazione del muscolo in carne, si determina un peggioramento della qualità del prodotto finale, che può perfino arrivare non solo a deludere ma anche ad “infastidire” il consumatore. Garantire “il top” delle condizioni di gestione e alimentazione degli animali in allevamento non è quindi l’unico aspetto indispensabile per creare le basi necessarie per la produzione di una carne con caratteristiche in grado di fronteggiare i numerosi e sempre più pressanti competitors. A tale proposito, specifica attenzione deve essere riposta alle fasi successive la macellazione al fine di garantire un ottimale declino della temperatura post mortem, una progressiva e corretta acidificazione delle carni e conseguentemente le condizioni ottimali per l’attività delle proteasi deputate alla trasformazione del muscolo in carne sia in termini di attività che di persistenza nel tempo. Quest’ultima considerazione “scopre” chiaramente l’importanza del periodo di frollatura. Se è, infatti, fondamentale garantire condizioni adeguate per l’attività delle proteasi muscolari, è ancor più basilare garantire alle stesse il tempo necessario per svolgere la propria azione.