di Sujen Santini, Tommaso Pucci, Luca Fontanini, Angelo Frascarelli, Stefano Ciliberti
IL BIOLOGICO
Secondo il Reg. Ue n. 2018/848, la produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione alimentare, basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali e l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e norme rigorose di produzione confacenti alle preferenze di un numero crescente di consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. La produzione biologica esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo, da un lato, a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori e, dall’altro, fornendo al pubblico beni che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.
I PRINCIPALI ASPETTI GESTIONALI E GLI IMPATTI DELLA CONVERSIONE AL BIOLOGICO
Un imprenditore agricolo che affronta la conversione al metodo biologico deve essere consapevole che questa è la fase più delicata perché i costi prevalgono sui vantaggi economici. Richiede pertanto un’elevata capacità di pianificazione delle attività e di valutazione dei possibili impatti sulla gestione e sulla redditività aziendale. Un’attenta valutazione nella giusta prospettiva costituisce il presupposto per impostare un sistema produttivo sostenibile nel tempo. Facciamo qualche esempio, considerando che l’incidenza di ciascun fattore dipende sempre dalla specifica situazione iniziale che è propria di ogni azienda. I primi investimenti da considerare sono quelli che riguardano la campagna, principalmente legati ai cambiamenti nelle rotazioni in campo. In presenza di un allevamento – situazione tipica nell’areale di influenza del progetto Bio.manager – tali scelte sono ancor più decisive poiché da esse dipende l’approvvigionamento delle materie prime. Ne discende che l’imprenditore deve effettuare delle scelte ponderate sulla scorta delle condizioni pedoclimatiche caratteristiche della propria azienda e della convenienza economica delle coltivazioni. Esempio. La superficie agricola utilizzata (SAU) da un’azienda della Pianura Padana convenzionale è investita per circa il 70% a monocoltura di mais per la produzione di insilato, pastone e granella; tale azienda arriva alla fase di conversione dopo anni di monocoltura e quindi è a forte rischio di prevalenza di infestanti e povero di sostanza organica. In tale situazione, la SAU utilizzabile a mais è circa il 10%, poiché si rende necessario dedicare un’ampia superficie a colture in rotazione più adatte all’abbandono della chimica (diserbi e fertilizzanti). Questo comporta un’iniziale riduzione delle UFL prodotte ad ettaro, con un potenziale calo anche del 30-40% del valore economico della produzione in campo. Nello scenario attuale, l’imprenditore-tipo ha trovato maggiore convenienza nella coltivazione di foraggere (medica e prati stabili), orzo, pisello e favino, destinando a tali colture gran parte della propria superficie coltivata. Queste coltivazioni sono inoltre funzionali alla gestione aziendale sia da un punto di vista della composizione della razione alimentare che per il contenimento degli altrimenti crescenti costi di approvvigionamento per le colture proteiche (soia) ed energetiche (mais) tradizionali. Pertanto, impostando razioni con alimenti “nuovi” e autoprodotti le aziende riescono in parte a contenere i costi della razione. La programmazione di un piano di rotazione quinquennale, anche in accordo con altri produttori del comprensorio, dovrà essere pianificato coerentemente alle esigenze nutrizionali della mandria, mirando attraverso la diversificazione produttiva, a raggiungere il massimo autoaprovvigonamento della sostanza secca necessaria. In questo modo si riduce la necessità di acquisto e quindi l’esposizione ad eventuali fluttuazioni di mercato che possono condizionare fortemente i costi alimentari. Esempio. Il costo di una razione convenzionale per Grana Padano con insilati è di circa € 0,22 kg/SS, mentre di una razione per Grana Padano conforme al biologico, necessariamente a secco (poiché è vietato l’uso di lisozima), è pari a circa € 0,33 kg/SS.
Tenendo conto che verosimilmente l’indice di conversione passa da circa 1,5 a circa 1,2 risulta che con € 0,22kg/SS si producono 1,5 kg di latte convenzionale, mentre occorrono € 0,33 kg/SS per produrre 1,2 kg di latte biologico. Se ne desume, pertanto, che il costo alimentare per litro di latte aumenta dell’80%, passando da € 0,16 del convenzionale ai € 0,27 del biologico. In definitiva, per una gestione ideale di un’azienda biologica con allevamento, la strategia consigliata da perseguire riguarda pertanto la definizione di un equilibro dinamico tra il rapporto UBA/Ha (indice di densità dell’allevamento) e le scelte di rotazione colturale, al fine di raggiungere l’obiettivo dell’autoapprovvigionamento del 70% della sostanza secca dell’intera mandria. Esempio. In questo contesto si introduce anche l’importanza del rapporto funzionale tra UBA/Ha che presuppone il metodo biologico.
Le mandrie di pianura sono in rapporto di circa 3 UBA/Ha, mentre il biologico prevede una riduzione del carico di animali a circa 2 UBA/Ha (nel rispetto dei 170 kg/Ha di N). Diventa però strategico considerare la composizione delle UBA che si stanno allevando. Nell’allevamento convenzionale, circa il 40-50% delle UBA presenti in stalla sono rappresentate da animali in accrescimento (e quindi improduttivi) per rispondere alla necessità di rimonta dopo circa 2 lattazioni di media. La conduzione con metodo biologico presuppone dei requisiti di benessere che promuovono la longevità della mandria, il cui obiettivo deve tendere a raggiungere almeno il 70% di composizione di animali produttivi sulle UBA totali (ovvero una longevità di circa 5 lattazioni). L’aumento di longevità si riflette anche nella riduzione delle tecnopatie e quindi sui conseguenti costi dei farmaci, con significativi risparmi già a partire dal primo anno. Esempio. La minor spinta produttiva si traduce in un possibile calo di produzione di latte del 15-20% (dato che dipende fortemente dai valori di partenza), conseguente principalmente a razioni più fibrose e quindi meno energetiche. Anche questo dato deve essere visto in un orizzonte temporale superiore alla singola lattazione: anziché misurare l’efficienza degli animali come produzione per lattazione, deve essere considerata la produzione per vita dell’animale. Inoltre, la minor necessità di animali destinati alla rimonta, apre alla possibilità di valorizzarli nella filiera carne. Le considerazioni fin qui fatte guidano quindi ai vantaggi concreti di cui potrà beneficiare l’azienda agricola nell’arco temporale di qualche anno dalla conversione a metodo biologico.
Best practice: azienda Motella Bassa
L’Azienda agricola Motella Bassa, nasce negli anni ’60 dai fratelli Bruno e Silvano Cauzzi. L’azienda si trova a Cavriana, comune della parte settentrionale della provincia di Mantova e prende il nome dalla località in cui è sita (figura 1). Nel corso dei decenni l’azienda si è sviluppata in estensione dei terreni e in numero di vacche in lattazione. Inoltre notevoli innovazioni sono state introdotte con riferimento al metodo di stabulazione, passando da 40 capi in mungitura a stabulazione fissa (fino al 1985) a circa 80 capi con stabulazione con lettiera fino al 2004, e infine optando per la stabulazione su cuccette, arrivando agli attuali 110 capi in mungitura. Inoltre, prima del passaggio a biologico, l’azienda gestiva circa 3000 mq di superficie coperta e 66 Ha di superficie agricola. Nel 2015, l’azienda ha poi effettuato la conversione al metodo di produzione biologico. Tale decisione è stata presa dai due cugini Fabio e Matteo Cauzzi (figli dei capostipiti Bruno e Silvano) perché ritenuta in linea con il loro modo di concepire l’allevamento, più attento alla dimensione etica dell’attività, con un occhio anche alla sostenibilità economica. Tale decisione ha ovviamente contribuito a rinnovare l’orientamento della gestione aziendale.
Ad oggi, l’azienda fornisce latte per una produzione DOP della Pianura Padana e si avvale di 4000 mq di superficie coperta destinata alla stalla e di 80 Ha di terreno coltivati per la produzione di mangimi per il bestiame. La SAU funzionale alla gestione dell’allevamento in biologico è suddivisa come segue:
• 30 Ha erba medica;
• 10 Ha prato stabile;
• 40 Ha suddivisi equamente per la produzione di pisello proteico, loietto e orzo, susseguiti da rotazione colturale di soia, sorgo e mais.
La mandria è composta da 250 capi, di cui:
• 110 vacche in lattazione;
• 15 vacche in asciutta;
• 35 vitelle utilizzate come rimonta naturale;
• 90 vitelli, maschi e femmine, venduti nella filiera carne. La razza bovina utilizzata è la frisona (figura 2),
ma nell’ottica di rinforzare la resistenza della mandria è stato introdotto il ricorso all’incrocio con la Rossa Norvegese. L’azienda possiede un impianto di ossigenazione dei liquami in modo da abbassare il carico di nitrati del 15%. In tal modo vengono rispettate le normative del trattamento dei reflui zootecnici e si garantisce, dimostrato dal PUAS, di non superare i 170kg/ Ha di azoto, come previsto dalla normativa vigente in materia di biologico. Attualmente l’indirizzo produttivo principale dell’azienda è la produzione di latte per la caseificazione a Grana Padano Bio.
Si sottolineano i seguenti dati e parametri in conseguenza della conversione al metodo biologico:
• l’incidenza dei costi del medicinale, che era di circa 0,01 euro per litro di latte col metodo convenzionale, si è ridotto e non è più dovuto all’uso del farmaco allopatico a scopo terapeutico ma principalmente all’implementazioni della profilassi vaccinale;
• l’azienda può valutare il percorso di certificazione National Organic Program (NOP), che esclude l’uso di farmaci ma consente di aprire le porte verso nuovi canali di mercato Oltreoceano al fine di collocare e valorizzare i propri prodotti, dal momento che essa risulta necessaria per l’esportazione in America;
• l’aumento della longevità degli animali ha portato ad una riduzione della riforma involontaria e ha consentito all’azienda di valorizzare i nati “in eccesso” con incroci da carne diversificando il reddito aziendale.
L’analisi dei dati relativi alla produzione e alla redditività aziendale rivela che, nonostante l’incremento dei capi, l’introduzione del metodo di allevamento biologico ha generato una riduzione del quantitativo di latte prodotto pari a circa il 17,5%. D’altro canto, è possibile notare come il prezzo del latte venduto è aumentato passando da 0,43 €/kg del latte convenzionale a 0,60 €/kg del latte biologico (+35%). Questo divario di prezzo è sicuramente dovuto alle dinamiche di mercato, ma è soprattutto legato al riconoscimento della maggiore qualità del latte biologico, espressa come percentuale di grassi e proteine nonché come minor numero di cellule somatiche. Nel complesso, il confronto fra attività e passività dell’azienda Motella Bassa, nel passaggio dal metodo di allevamento convenzionale a quello biologico, ha determinato un aumento dei ricavi dell’attività di vendita del latte, capace di far fronte ai maggiori costi per fattori di produzione a logorio totale (materie prime, in particolare). Ciò ha determinato un aumento del reddito netto aziendale, a testimonianza della lungimiranza della scelta imprenditoriale e di una spiccata capacità di gestione nel passaggio dalla produzione convenzionale a quella biologica, in grado di esaltare e valorizzare le prerogative produttive dell’azienda e del territorio in cui essa opera In conclusione, la valutazione offerta dal progetto Bio.manager ha permesso di identificare l’azienda Motella Bassa come una best practice, rappresentativa della realtà della Pianura Padana, nell’ambito della produzione di latte biologico. Per questo motivo l’azienda Motella Bassa può rappresentare un punto di riferimento per le realtà imprenditoriali di questo areale. L’azienda infatti incarna il modello perseguito dal progetto Bio. manager, dove il biologico si sviluppa a seguito della conversione da un sistema produttivo fondato su paradigmi di zootecnia intensiva – basato sulla valutazione dell’efficienza di breve periodo – affermandosi come un sistema produttivo vitale nel lungo periodo, sia in termini di redditività sia di sostenibilità sociale e ambientale.
L’azienda La Nuova Colombara Soc. Agr. S.S. ha partecipato alle rilevazioni eseguite nell’ambito del progetto Bio.manager mediante la distribuzione di un questionario volto a valutare la capacità aziendale di adattamento al metodo di produzione biologico. Il questionario raccoglie informazioni su diversi aspetti relativi alle caratteristiche strutturali dell’azienda e alla sua gestione (con riferimento all’attività di coltivazione e/o allevamento). Sulla base dei dati forniti, vengono elaborati alcuni parametri (tabella 4)
che consentono di valutare l’attitudine aziendale alla gestione del biologico, fornendo all’imprenditore un interessante riscontro circa la propria conduzione aziendale (in caso di azienda già convertita) o circa le possibilità di adeguamento a tale metodo di produzione. In base alla compilazione del questionario l’azienda La Nuova Colombara Soc. Agr. S.S. ha ottenuto un punteggio pari a 84.5/100 (rappresentato su un tachimetro di facile lettura) relativamente alla gestione del metodo biologico (figura 3).
Tale rilevazione ha consentito di valutare opportunamente i notevoli punti di forza dell’azienda, tra i quali spiccano:
• La presenza di un impianto di biogas gestito esclusivamente con reflui aziendali che permette la valorizzazione del fertilizzante organico, nonchè la produzione di energia rinnovabile; • La presenza di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia rinnovabile connessa all’allevamento;
• Il rispetto dei limiti imposti dalla Direttiva nitrati;
• La presenza di prati stabili;
• La produzione di reflui in forma solida che incrementa e preserva il contenuto di sostanza organica nel suolo;
• Razione senza uso di insilati;
• Presenza di strumenti di zootecnia di precisione volti ad un migliore controllo dell’allevamento.
La valutazione generale emersa grazie al questionario Bio.manager ha permesso di identificare l’azienda La Nuova Colombara Soc. Agr. S.S. come un’azienda predisposta alla conversione al metodo biologico, rendendo disponibili i dati preliminari necessari ad una successiva valutazione tecnico/economica specifica di fattibilità.