di Maurizio Cartapati
L’effetto positivo dei lieviti sulla microflora ruminale è noto fin dagli anni ’40 del secolo scorso. I nutrizionisti in determinate fasi critiche della vita dei ruminanti ricorrono spesso al loro impiego per migliorare la salute dell’animale e l’efficienza della razione. Il loro utilizzo è comunque ancora molto dibattuto.
Con il termine lieviti si intendono funghi unicellulari, da sempre presenti negli alimenti consumati dall’uomo (come pane, vino, birra, ecc.) ed anche nel rumine degli animali. Hanno bisogno di ossigeno per vivere ma possono sopravvivere per breve tempo anche senza (come avviene nel rumine dove c’è pochissimo ossigeno, 0,5-1%). Nei ruminanti si impiega di solito il Saccharomyces cerevisiae, denominato impropriamente lievito di birra, sia vivo sia spento; vivo significa utilizzare microrganismi, classificati come additivi, in grado di riprodursi o moltiplicarsi nel rumine mentre spento o inattivato sono cellule di lievito “morte”, cioè private della vitalità e non in grado quindi di svolgere le loro attività metaboliche tipiche. A differenza del vivo vengono classificati come materia prima.
PRODOTTI DISPONIBILI IN COMMERCIO LIEVITO VIVO. Cellule vive e vitali, in grado di moltiplicarsi,anche se la loro replicazione nel rumine non è ancora stata dimostrata; per poter essere impiegati in alimentazione animale questi ceppi fungini devono essere registrati in un apposito e aggiornato registro della Comunità Europea in relazione alla presentazione di un preciso e circostanziato dossier. Attualmente solo cinque ceppi sono registrati con una concentrazione minima di cellule vive espressa come Unità Formanti Colonia (UFC) per grammo di additivo e con una indicazione di dose minima d’impiego. Come già detto il lievito vivo agisce direttamente nel rumine favorendo in questo modo i batteri cellulosolitici che degradano la fibra più velocemente ed intensamente, aumentando allo stesso modo l’ingestione di sostanza secca. L’azione fermentativa del lievito sugli zuccheri, in competizione con i microrganismi produttori di lattato, porta ad una riduzione di acido lattico responsabile del rischio di acidosi subclinica e clinica. Inoltre la capacità del lievito vivo di riprodursi porta alla produzione di nutrienti utili alla flora ruminale, soprattutto ai batteri che utilizzano l’acido lattico. I lieviti sono in grado di stimolare la crescita dei funghi e la loro capacità di rompere il legame tra la cellulosa e lignina, permettendo così ai batteri cellulosolitici di avere una maggior quantità di nutrienti da degradare. Alcuni ceppi di lieviti stimolano la crescita dei protozoi in grado di inglobare per fagocitosi i granuli di amido.
LIEVITO SPENTO O INATTIVATO. Si possono utilizzare sia le cellule denaturate apportanti solo i principi nutritivi tipici della materia prima con una concentrazione proteica elevata (> 40%), enzimi, lipidi e soprattutto una grande quantità di vitamine del gruppo B (B1, B2, B6, PP e Acido Pantotenico) sia le colture di lievito in cui viene inattivato il microrganismo assieme al terreno di coltura contenente quantità variabili (in relazione al ceppo) di enzimi, vitamine del gruppo B ed anche metaboliti essenziali all’attività della popolazione ruminale. L’uso di queste colture determina quindi una fermentazione anaerobia (senza ossigeno) dovuta ad enzimi e metaboliti apportati dal prodotto. È opportuno ricordare che le vitamine del gruppo B del lievito sono più stabili delle vitamine sintetiche in relazione alla protezione naturale alla degradazione offerta dalla parete cellulare.
ASPERGILLUS ORYZAE. In questi ultimi anni altri miceti sono stati proposti e impiegati in alimentazione animale, in particolare i prodotti della fermentazione dell’ Aspergillus oryzae, un fungo parassita del riso; in alimentazione umana viene impiegato da migliaia d’anni nella preparazione di bevande, salse, ecc. Stiamo parlando quindi di prodotti naturali ottenuti dalla fermentazione di selezionati ceppi fungini, composti da metaboliti nutritivi quali proteine, enzimi, aminoacidi, oligoelementi, ecc. analizzati e titolati prima di essere messi sul substrato vegetale. Gli aspergilli sono dotati di un’ottima adattabilità al substrato in cui vengono messi in coltura per cui gli enzimi prodotti sono in relazione al terreno: se amidaceo prevarranno gli enzimi per la digestione dell’amido se fibrosi saranno maggiormente rappresentati gli enzimi fibrolitici. Utilizzando questi estratti assieme a cellule di Saccharomyces cerevisiae otteniamo una maggiore efficacia del lievito grazie ad un incremento della loro azione. Infatti questi metaboliti e soprattutto gli enzimi favoriscono la crescita dei funghi naturalmente presenti nel rumine attraverso la rottura dei legami tra la lignina e le emicellulose, liberando più velocemente i carboidrati della parete cellulare e quindi lo sviluppo in numero e attività della popolazione batterica cellulosolitica.
MOS (MANNANI OLIGOSACCARIDI) E BETA GLUCANI. Si tratta di molecole glucidiche ottenute per via enzimatica dalla parete del lievito Saccharomyces cerevisiae. Composti molto concentrati e attivi in alcune funzioni di grande importanza per gli animali. Le due molecole sono chimicamente degli oligosaccaridi, mannani e glucani, che presentano diversi effetti soprattutto a carico del sistema immunitario e della salute in genere mediante un complesso meccanismo d’azione sull’interazione tra l’animale e alcuni batteri patogeni. In particolare i MOS stimolano la crescita di batteri utili come i Lactobacillus e il Bifidobacterium mentre inibiscono alcuni batteri patogeni, quali l’Escherichia coli e la Salmonella. I Beta Glucani potenziano il sistema immunitario e hanno la capacità di legare alcune micotossine, quali zearalenone e ocratossina. Si possono quindi utilizzare da soli o in associazione con altri composti detossificanti per beneficiare di un diverso meccanismo d’azione. Altri carboidrati funzionali (galattosamine) della parete cellulare sono capaci di prevenire l’attaccamento di alcuni protozoi (Coccidi e Cryptosporidi) alle cellule intestinali dell’animale ospite.
EFFETTI DERIVANTI DALL’IMPIEGO DEI LIEVITI Non è facile dare indicazioni precise dell’efficacia di questi prodotti a base di lieviti in quanto le molte ricerche effettuate hanno dato risposte diverse in relazione alla natura e quantità del ceppo di lievito, alla razione e agli animali oggetti delle prove. Il Saccharomyces cerevisiae assieme al proprio terreno di coltura presenta l’effetto di aumentare il tasso di crescita della popolazione microbica soprattutto cellulosolitica attraverso la riduzione dell’acido lattico. Viene quindi “tamponato” il rumine in maniera diversa rispetto al bicarbonato di sodio ma sempre favorendo la popolazione microbica che porterà in ultima analisi ad un aumento della produzione di proteina metabolizzabile ruminale (e quindi aminoacidi essenziali). Potremo quindi avere una maggiore produzione in quantità e a volte qualità (proteine) del latte, una diminuzione di urea contenuta sempre nel latte e dovuta ad una riduzione dell’ammoniaca in ambito ruminale per l’aumento della quantità e dell’efficienza dei batteri che fermentano la fibra e che utilizzano proprio l’ammoniaca quale fonte azotata. È comunque giusto ricordare che l’aumento di produzione lattea (normalmente si aggira attorno al 2-7%) è in parte dovuto alla maggiore efficienza delle fermentazioni ruminali ed in parte all’aumento di ingestione di alimento (anche in questo caso i valori variano dal 2 al 5% circa) sempre in relazione alla aumentata velocità di svuotamento del rumine per una maggiore digeribilità degli alimenti soprattutto fibrosi.
UTILIZZO DEI LIEVITI NELLE DIVERSE FASI DI ALLEVAMENTO VITELLI: l’uso di mangimi addizionati con Saccharomyces cerevisiae può presentare effetti positivi sull’ingestione, sul pH ruminale, sulla digeribilità dei nutrienti anche attraverso lo stimolo alla crescita dei batteri cellulosolitici. In questo modo avremo vitelli più sani (meno stati infiammatori, febbre e diarree).
BOVINE IN TRANSIZIONE: il periodo compreso tra i 21-28 giorni prima e dopo il parto rappresenta uno dei momenti più stressanti nella vita delle bovine da latte, per cui l’impiego dei lieviti è molto utile. In vari studi si è osservato un aumento volontario dell’ingestione di alimento, minori mastiti e quindi cellule somatiche, una migliorata attività ovarica, un’azione benefica sullo stato immunitario, un miglior equilibrio minerale con ripercussioni anche sull’ipocalcemia.
BOVINE FRESCHE: anche in questo periodo vari studi hanno dimostrato l’effetto benefico dei lieviti soprattutto nel primo mese di lattazione sulla produzione e sulla qualità (tenore proteico) del latte, sfruttando comunque l’azione del lievito in asciutta e transizione.
STRESS DA CALDO: nei periodi di massimo calore le bovine da latte, specialmente le più produttive, sono soggette a notevoli problemi metabolici che possono essere mitigati, anche se non completamente annullati, dai lieviti specie se integrati con estratti di fermentazione dell’Aspergillus oryzae. Recentissime ricerche hanno evidenziato un aumento dell’ingestione di sostanza secca, dell’efficienza alimentare e una diminuzione del rischio di acidosi.
LIEVITI E REGOLAMENTI DEI FORMAGGI DOP GRANA PADANO: il regolamento alla voce prodotti e sottoprodotti della fermentazione di microrganismi le cui cellule sono state inattivate o uccise consente l’utilizzo di lieviti e prodotti simili (lievito di birra) o parti di essi ottenuti da Saccharomyces cerevisiae, S. carlsbergiensis, Kluyveromyces lactis, K. Fragilis, Torulospora delbrueckii, Candida utilis/Pichia jadinii, S. uvarum, S. ludwigii o Brettanomyces ssp. su substarti per lo più di origini vegetali quali melasse, sciroppi di zucchero, alcoli, residui di distilleria, cereali e prodotti a base di amido, succhi di frutta, siero di latte, acido lattico, zucchero, fibre vegetali idrolizzate e nutrienti della fermentazione quali ammonio o sali minerali.
PARMIGIANO-REGGIANO: il disciplinare di produzione del latte vieta espressamente l’impiego di lieviti umidi (art. 5) e dei terreni di fermentazione (art. 8) e quindi consente l’utilizzo dei lieviti essiccati sia vivi sia spenti ed anche estratti degli stessi come ad esempio gli oligosaccaridi dalla parete cellulare.