di Stefano Montanari

Legislazione e futuro

Lo zinco (simbolo chimico Zn) è un oligoelemento indispensabile per animali, vegetali e microrganismi, della cui carenza si conoscono da tempo gli effetti (rallentamento della crescita, anoressia, ipercheratosi cutanea e paracheratosi dell’esofago). Secondo solo al ferro all’interno degli organismi animali presenta azione antiossidante, è inoltre necessario per il corretto funzionamento di molti ormoni (insulina, ormone della crescita) ed è l’unico metallo che appare in tutte le classi di catalizzatori biologici. L’assorbimento dello zinco avviene lungo tutto il tratto intestinale, principalmente a livello dell’intestino tenue (Figura. 2), per captazione da parte dell’orletto a spazzola dei villi tramite due processi differenti, la cui attivazione dipende dalla concentrazione dell’oligoelemento nel chimo intestinale: quando questa concentrazione è scarsa, lo zinco viene captato con un processo attivo grazie all’utilizzo di un carrier specifico, mentre a concentrazioni elevate attraversa direttamente la parete intestinale tramite un processo passivo. La quantità assorbita è influenzata da numerosi fattori: la concentrazione nella dieta, l’età dell’animale, la velocità di accrescimento, le fonti proteiche dell’alimento, ed è correlata alla componente minerale presente nella dieta: per esempio elevati livelli di calcio nell’alimento, specialmente in presenza di proteine di origine vegetale, riducono l’assorbimento di zinco nei suini e nei volatili. Infine l’escrezione avviene principalmente per via fecale e in misura molto limitata con le urine (1-2%) (Figura 2)

Figura 1 e 2 Da “Zinco Ossido, una interessante alternativa in suinicoltura.” di Quintavalla e Agostini su Large Animal Review-2007

Utilizzo dell’Ossido di Zinco Il momento dello svezzamento rappresenta un punto critico nella pratica allevatoriale suinicola: questa fase è ricca di fattori stressanti come l’allontanamento dalla madre, il cambio del regime alimentare causato dal passaggio da una dieta liquida ad una solida, i nuovi ambienti di stabulazione, gli interventi vaccinali, la creazione dei gruppi e le lotte per la definizione delle gerarchie; l’insieme di questi elementi comporta una forte ripercussione sul sistema immunitario ed è molto facile osservare la comparsa di un’enterite aspecifica, denominata PWD (Post Weaning Disease/Diarrea post-svezzamento). Malattia enzootica ad eziologia multifattoriale (di cui molte fonti di origini non infettive) fortemente associata con un’eccessiva crescita di ceppi patogeni di E. coli (F4, F18) che nonostante possa assumere un ruolo secondario rispetto ad altre patologie infettive, spesso ne rappresenta il punto di partenza, andando a creare alterazioni a livello del tratto digerente che si ripercuotono negativamente sull’accrescimento (Figura 3).

Tutti gli attuali orientamenti clinici vertono sempre più verso la riduzione degli interventi farmacologici di massa (mangimi medicati) con antimicrobici, agendo maggiormente sulle buone pratiche di biosicurezza, benessere ed allevamento. A partire dagli anni ’80, prendendo spunto da quello che avveniva in medicina umana specialmente in pediatria, anche per i suini si iniziò a far sempre più ricorso a formulazioni che utilizzavano come principi attivi oligoelementi a dosaggi elevati (definiti dosaggi “farmacologici”) da impiegare a scopo preventivo o terapeutico in corso di enteriti. Si assistette quindi ad un sempre maggior interesse nell’impiego dell’ossido di zinco ad elevate concentrazioni (3000 mg/kg) nell’alimentazione dei suinetti al fine di ridurre la gravità e la frequenza d’insorgenza delle enteriti post-svezzamento e di migliorarne di riflesso la velocità di accrescimento.

Nonostante l’utilizzo dell’ossido di zinco a concentrazioni farmacologiche sia ormai una pratica adottata da tempo, il meccanismo che determina i sui effetti positivi sulla diarrea suina non è ancora stato tuttavia pienamente compreso e ad oggi sono state formulate diverse teorie. Una possibilità è che l’ossido di zinco agisca sulle tossine di E. coli, sull’adesione del batterio all’intestino o sulla sua replicazione. L’inibizione selettiva dei processi di trasporto e della catena respiratoria di E coli da parte dello ione potrebbe contribuire a spiegarne l’effetto antibatterico. Un’altra possibile ipotesi è che l’aumento dei livelli ematici di zinco, ottenuto grazie all’apporto di ZnO con la dieta, riducano la traslocazione batterica dal piccolo intestino ai linfonodi mesenterici ileali, senza tuttavia presentare effetti sulla batteriemia, apportando un effetto benefico nella protezione nei confronti delle infezioni indotte dalle endotossine da E. coli. L’ossido di zinco inoltre, può proteggere le cellule intestinali dalle infezioni da Escherichia coli enterotossigeni per inibizione dell’adesione batterica, prevenendo l’aumento della permeabilità delle tight junctions e la modulazione dell’espressione genica delle citochine.

Impatto ambientale e selezione batterica
Come ormai è noto da tempo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale “il decreto del Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari che revoca, a partire dal 31 Dicembre 2021, le autorizzazioni dei medicinali veterinari contenti ossido di Zinco da somministrare per via orale a specie animali per produzione alimentare in tutte le confezioni e preparazioni autorizzate. I lotti prodotti prima di tale data devono essere smaltiti entro e non oltre il 25 Giugno 2022, dopodiché la prescrizione e l’impiego sotto qualsiasi forma, compresi mangimi medicati e prodotti intermedi, sono vietate”. Tale decisone è conseguente all’identificazione di un rischio ambientale grave dovuta alla capacità dello zinco di accumularsi nel terreno, nell’acqua e nel sedimento: lo spandimento continuo sul terreno di liquame proveniente da animali trattati, specialmente se per lunghi periodi di tempo e con possibile aggravante di impieghi illeciti e non autorizzati, nell’ambito di pratiche di suinicoltura intensiva può essere causa di significativi danni. Come primo effetto lo zinco influenza negativamente l’attività dei microrganismi e dei vermi di terra: in questo modo la scissione del materiale organico rallenta sensibilmente portando ad un impoverimento del suolo. Inoltre su terreni ricchi di zinco soltanto un limitato numero di piante può sopravvivere, a causa della loro incapacità di riuscire a smaltire le elevate dosi assorbite.

Dal suolo lo zinco può poi raggiungere le falde acquifere, in particolare se gli spandimenti vengono effettuati su terreni sabbiosi e molto drenanti. Una volta raggiunta la falda, gli effetti sono molteplici: oltre a contaminare la falda stessa è in grado di aumentare l’acidità dell’acqua, inoltre i pesci possono accumularlo all’interno dei loro tessuti, quando vivono in ambienti particolarmente contaminati, causando il fenomeno denominato biomagnificazione (meccanismo per cui i livelli di una sostanza chimica aumentano all’interno di una catena trofica in relazione alla predazione, così che il predatore ne contenga quantità superiore rispetto alla sua preda) (Figura 4).

L’impatto ambientale non è solo l’unico problema riscontrato: diversi studi hanno dimostrato che l’eccessivo uso di ZnO promuove la selezione di batteri resistenti, in particolar modo Stafilococchi (tra i quali S.Aureus e i suoi cloni meticillino-resistenti); questa resistenza è causata dalla presenza di un particolare gene (czrC) associato a determinati tipi di cassette geniche (cassetta cromosomica stafilococcica mec-SCCmec). È obbligatorio sottolineare che la SCCmec è la porzione genetica che ospita il gene responsabile della resistenza a tutti i beta-lattamici (dalla penicillina alle cefalosporine di 3° e 4° generazione). Pertanto la pressione selettiva esercitata dall’uso di medicinali veterinari contenenti ZnO può selezionare batteri resistenti a tutti i beta-lattamici e analogamente la pressione di selezione esercitata dall’uso di beta-lattamici può co-selezionare per la resistenza allo zinco, rendendo più ampia la diffusione degli agenti resistenti a queste molecole. A fronte di tutto questo, il CVMP (Comitato per i medicinali veterinari) ha stabilito che: “Il bilancio beneficio-rischio dei prodotti contenenti ossido di zinco da somministrare per via orale in animali produttori di alimenti è negativo, dal momento che i benefici di ZnO per prevenire la diarrea nei suini non sono superiori ai rischi per l’ambiente. Il CVMP ha riconosciuto anche che vi è un rischio di co-selezione di resistenza associata con l’uso di ossido di zinco”. In ogni caso la potenziale riduzione dell’uso di agenti antimicrobici nel settore zootecnico dovuta dall’utilizzo di ZnO non è da considerarsi un beneficio aggiuntivo.

Sviluppi futuri
E’ ovvio che la futura indisponibilità di medicinali veterinari contenenti ossido di zinco costituirà un drastico cambio di rotta: il periodo compreso tra il primo di Gennaio e il 25 Giugno 2022 aprirà le porte ad una fase di transizione necessaria per permettere agli allevatori di adottare opportuni cambiamenti nella gestione dei loro allevamenti al fine di evitare un incremento degli episodi di diarrea post-svezzamento, assicurare il benessere animale e prevenire l’aumento dell’uso di antibiotici. L’ideale sarebbe sfruttare al meglio questo lasso di tempo per poter impostare una nuova direzione basata principalmente su strategie di management aziendali e programmi nutrizionali appropriati affiancati ad un uso consapevole e razionale dell’antibiotico. Questi aspetti saranno approfonditi nel prossimo numero.