di Sonia Rumi

L’ipocalcemia è una delle principali patologie che possono colpire la bovina da latte nell’immediato post parto. La formulazione di una corretta razione nella fase di Close-up (immediato pre – parto) ha come obiettivo, fra i vari nutrienti, la somministrazione della giusta quantità di minerali, nel rispetto dei fabbisogni, anche se ciò risulta di difficile attuazione nella pratica quotidiana. Infatti, i foraggi utilizzati in questa fase contengono quantità eccessive e variabili di alcuni minerali; in particolare potassio e sodio, rischiando di formulare una razione ad elevato DCAD ed esponendo la bovina ad alcalosi metabolica e relativa ipocalcemia indotta.

Per la gestione dell’ipocalcemia post – parto è importante capire come la vacca regola la propria calcemia, al netto di tutti gli altri apporti minerali, in fase di preparto e di come a volte nella gestione delle razioni, nella fase di transizione, il non considerare alcuni fattori fa si che strategie, assolutamente performanti sulla carta, abbiano dato una mancata efficienza nella realtà. Un concetto chiave è la necessità di gestire la frazione ionizzata del calcio. Si tratta della frazione che interviene nella regolazione metabolica del calcio, intervenendo nell’assorbimento intestinale del calcio, nell’escrezione renale e fecale e nella movimentazione nelle ossa; l’altra parte del calcio, cioè quella legata alle proteine, non stimola l’assetto ormonale di rimaneggiamento del calcio e non viene ad avere nessuna funzione renale. (Figura 1)

Questo richiede che a livello di laboratorio ci si attrezzi con strumenti adeguati come Xrf, NIRs e wet chemistry, perché la sola ricerca del calcio totale non è più coerente e contemporanea con una visione moderna del problema ipocalcemia. Al di la di tutti i meccanismi fisiopatologici che possono concorrere, il cacio circolante è la somma di due frazioni che la bovina ha a disposizione; una è quella assorbita a livello intestinale (la bovina ingerisce foraggi, concentrati e integratori che arrivano a livello di intestino e liberano la frazione ionizzata assorbita dagli enterociti che va in circolo); la seconda è rappresentata dal tessuto osseo, che risulta essere un tessuto di deposito di calcio, fosforo e magnesio, che vengono mobilizzati nel caso in cui l’assorbimento intestinale sia insufficiente. La bovina è normocalcemica e in grado di gestire le problematiche legate all’ipocalcemia quando massimizza l’assorbimento di calcio a livello di intestino e la mobilizzazione ossea. Andando nel dettaglio, per quanto riguarda l’assorbimento intestinale della frazione ionizzata, notevole importanza è affidata alla vitamina D3, in forma attiva calcitriolo, che si occupa del trasferimento del calcio presente a livello di gastro enterico al circolo ematico.

Molte bovine in fase di transizione (ed in maniera quasi fisiologica) sono carenti di vitamina D3; infatti la vitamina D3 è sintetizzata a partire dal colesterolo. Il colesterolo è una molecola che l’animale si crea a partire da una biosintesi epatica, ma nella vacca in transizione è risaputa la coesistenza di uno status di ossidazione epatica (dovuta a lipomobilizzazione, chetosi, etc) con una sofferenza di questo organo tale per cui non è possibile creare la base biochimica da cui ottenere la vitamina D3. Questo ci fa capire come una funzionalità epatica corretta sia alla base della lotta all’ipocalcemia. Interventi in tal senso sono fondamentali; gli integratori da asciutta devono essere corretti anche per l‘apporto di vitamina D3 (fabbisogno di 1000-1200 UI x kg di sostanza secca di vitamina D3). Inoltre bisogna porre molta attenzione alla mandria che ci si trova di fronte. Una mandria con bovine che hanno fatto asciutte molto lunghe, hanno avuto problemi di fertilità, hanno un BCS oltre il range di normalità (3-3,5), sarà una mandria con una elevata predisposizione all’ipocalcemia post parto. La ricerca bibliografica, a tal proposito, descrive che bovine che hanno una mobilizzazione di 1 mmol di NEFA (del tutto frequente) riesce ad annullare l’effetto di interventi nutrizionali sia con strategia da DCAD negativo (BIOCLOR©) sia con strategie di sequestro con aluminosilicati (CATION REM©), riuscendo a rendere inefficacie una corretta gestione nutrizionale della mandria in transizione. Un altro fattore che può deprimere la conversione della vitamina D3 in calcitriolo è il fosforo sottoforma di fosforemia. Il fosforo che la vacca assume dagli alimenti ha una regolazione ormonale poco efficace (al contrario del calcio che ha una regolazione molto stretta attraverso calcitonina, paratormone etc); il fosforo, molto semplicemente, se arriva a livello di tratto gastroenterico viene assorbito. Questo rapido passaggio a livello ematico fa si che la bovina, che assume quantità incontrollate di fosforo, si possa trovare con valori di 5-6 mg / dl in preparto inibendo la trasformazione della vitamina D2 in D3 e dall’altra stimola la produzione di calcitonina, l’ormone che stimola il deposito del calcio circolante a livello osseo, aggravando lo stato di ipocalcemia. L’altro meccanismo che la vacca può mettere in atto per gestire la propria calcemia è quella di prelevare calcio dalle ossa attraverso il paratormone. Nel momento in cui, in razioni da pre – parto ci sono eccessi di potassio induciamo uno stato di alcalosi metabolica che inattivano i recettori che esistono tra paratormone e osteoclasti (cellule che vanno a prelevare il calcio dalle ossa) non permettendo l’attivazione del meccanismo di liberazione del calcio dalle ossa. Inoltre, l’eccesso di potassio non fa assorbire magnesio che è un altro dei minerali fondamentali per il funzionamento del paratormone. Quando ci si trova di fronte a stalle con, in primis con problemi di fertilità, ritardi nell’ingravidamento e giorni di lattazione molto lunghi, asciutte prolungate e animali grassi, che poi sono gestite in asciutta con la razione della lattazione, integrata con molto fosforo derivante dall’integratore da asciutta e contemporaneamente ho un eccesso di potassio (tipico della Pianura adana) derivante dai foraggi, ci si trova di fronte ai 3 fattori che predispongono all’ipocalcemia facendo fallire qualsiasi srategia DCAD o di chelazione.

Concludendo, con una gestione intelligente delle bovine in pre- e post-parto, crolla l’incidenza delle malattie metaboliche, a tutto vantaggio di produzioni, fertilità e remuneratività aziendale.