di Sonia Rumi
La variabilità del tempo di ruminazione è legata a molti fattori tra cui composizione della dieta, caratteristiche qualitative del foraggio, errori nella gestione della mandria, anche da un punto di vista etologico, stato riproduttivo, livello produttivo, condizioni climatiche e stato di salute dell’animale.
I ruminanti sono caratterizzati dall’avere un apparato digerente molto complesso, formato da tre prestomaci (rumine, reticolo, omaso) e da uno stomaco vero e proprio (abomaso). La digestione avviene nell’abomaso ed è preceduta da una fermentazione microbica, che avviene nei prestomaci. I ruminanti possono ingerire una notevole quantità di materiale vegetale, quasi senza masticarlo, accumulandolo nel rumine. A distanza di alcune ore dall’ingestione primaria, avviene il processo della ruminazione; riflesso mediante il quale l’animale riporta nella cavità orale il materiale vegetale per masticarlo, mescolarlo alla saliva e, una volta finemente triturato, rimandarlo nel rumine per il completamento della digestione (Figura 1).
FIGURA 1: Nel rumine, ad opera di specifici batteri, muffe e protozoi cellulosolitici, ha inizio una prima demolizione delle fibre vegetali. Il secondo dei tre prestomaci è il reticolo (il più piccolo), esso è formato da tante cellette reticolari (quadrate od esagonali), che ricordano per forma e struttura il favo delle api, ha uno sbocco sull’esofago e comunica ampiamente col rumine. Il reticolo ha un ruolo nella fermentazione e nel rimescolamento del materiale ingerito durante la ruminazione, uno dei suoi compiti primari è quello di separare dalla massa fermentante le particelle più fini, che possono proseguire nel tratto gastroenterico. L’ultimo dei tre prestomaci è l’omaso, esso permette il transito del materiale vegetale fermentato fino all’abomaso. La sua funzione principale è quella di riassorbire parte della componente liquida dell’ingesta fermentata. Le pareti interne dell’omaso hanno numerose pieghe (lamine omasali), che gli consentono di aumentare la superficie assorbente. Nell’abomaso l’ingesta fermentata viene sottoposta all’azione dei processi digestivi (succhi gastrici), analogamente a quanto avviene nello stomaco degli animali monogastrici (come l’uomo). Le sostanze vegetali digerite vengono rilasciate, tramite il pirolo, nell’ intestino tenue per la fase di assorbimento.
Negli vitelli i prestomaci sono poco sviluppati e non funzionanti. In questa fase, in cui l’alimentazione prettamente lattea non necessita di nessuna reazione fermentativa, la doccia esofagea consente al latte di passare direttamente nell’abomaso, bypassando il rumine (Figura 2).
FIGURA 2: L’apparato gastrico dei ruminanti è mediamente costituito nella prima settimana di età, per il 70-80% dall’abomaso, per il 15- 20% dall’omaso e soltanto per l’ 8-10% dal complesso rumine-reticolo; dopo lo svezzamento, per il 70-80% dal rumine-reticolo, per il 20% dall’omaso e soltanto per il 10% dall’abomaso.
Lo svezzamento è il passaggio nella dieta che ha l’obiettivo di favorire in modo equilibrato e relativamente rapido il processo di crescita del rumine, delle papille ruminali e l’instaurarsi della flora microbica, garantendo le performance di accrescimento. Dato che il sistema nervoso che controlla la motilità intestinale diviene funzionante a 10-15 giorni di vita, si considera tale data momento ideale per iniziare la somministrazione di alimento solido (mangime starter). Lo starter deve essere a base di cereali, appetibile e avere granulometria capace di stimolare la masticazione e la salivazione. Il vitello si considera svezzato quando il suo livello di ingestione di mangime non è inferiore al 2% del peso corporeo (2-2,5 kg), raggiungendo i 100 Kg di peso vivo intorno alle 9-10 settimane con un incremento medio giornaliero di 0,7-0,8 kg.
Nel bovino adulto la ruminazione è influenzata dal tipo di alimenti che costituiscono la razione e dalle caratteristiche della fibra, ma anche dalle condizioni sanitarie dell’animale, dal livello di stress e dal tipo di management aziendale. La ruminazione è parte integrante del processo di digestione dell’alimento, quindi influenza positivamente la quantità di sostanza secca ingerita. Allo stesso modo, all’aumentare del tempo che l’animale dedica ad alimentarsi e della quantità di sostanza secca ingerita, aumentano i tempi di ruminazione. Ciò che collega ruminazione, masticazione e livello di ingestione è l’NDF fisica effettiva (peNDF); ovvero la fibra che determina la risposta dell’animale in termini di attività di masticazione. Il fattore di efficienza fisica può variare da 0 (quando l’NDF dell’alimento non stimola la masticazione) a 1 (quando l’NDF dell’alimento promuove la massima attività di masticazione). Poiché il fattore di efficienza fisica è legato alle dimensioni delle particelle e alla riduzione delle dimensioni delle particelle (che è direttamente legata alla attività di masticazione), la peNDF influenzerà la stratificazione del contenuto ruminale, importante nel trattenere le particelle grosse, nella stimolazione della motilità, nella dinamica di fermentazione e transito. In contesti di allevamento in cui la somministrazione dell’alimento è ad libitum, la bovina deve spendere mediamente dai 480 ai 550 minuti al giorno (8-9 ore) ruminando. Sono riconosciute due fasi di ruminazione; diurna meno intensa e notturna più intensa. Questo processo fisiologico è molto sensibile a fattori ambientali e gestionali di stress. In caso di stress da caldo, sovraffollamento, cattiva gestione dei gruppi e cattiva interazione uomo-animale, i bovini possono bloccare volontariamente la ruminazione. Da questo si evince che la ruminazione rispecchia non solo la qualità e il bilanciamento della razione alimentare, ma anche lo stato di salute dell’animale. La variabilità maggiore si registra nella fase diurna. Una riduzione del 15% dell’attività ruminale aumenta il rischio di problemi metabolici come l’acidosi ruminale subclinica, abbassa l’assimilazione dei nutrienti, incrementa l’incidenza di zoppie e mastiti e riduce i parametri di qualità del latte. Nel periodo estivo, lo stress da caldo può ridurre il tempo di ruminazione del 30% con un impatto diretto sull’ingestione di sostanza secca.
La ruminazione rappresenta un adattamento evolutivo dei mammiferi erbivori, soggetti a forte pressione predatoria. Essa consente all’animale di accumulare in modo rapido grandi quantità di cibo nel rumine in seguito ad una grossolana masticazione dell’alimento ed una veloce deglutizione in aree di pascolo potenzialmente pericolose. Anche se non assistiamo più ad atti predatori, in quanto il bovino viene allevato in strutture idonee, i 3 punti evidenziati si manifestano ugualmente a causa della competitività esistente tra i soggetti. Il ruolo della ruminazione è fondamentale, essa consente di facilitare la macerazione dell’alimento ingerito, il rimescolamento del contenuto con la saliva, lo sminuzzamento dello stesso per facilitarne l’assorbimento, la distribuzione uniforme dei microrganismi cellulosolitici e la rimozione di parte dell’anidride carbonica e del metano derivanti dai processi fermentativi.
In condizioni di sovraffollamento, in cui viene ridotto del 40% lo spazio messo a disposizione delle bovine, il tempo di ruminazione può calare di 30 minuti al giorno; complice la riduzione del tempo di riposo durante il quale avviene la ruminazione. Anche la competizione gerarchica è un altro fattore da non sottovalutare. Alcuni studi hanno dimostrato che le vacche subordinate, che quindi subiscono la competizione delle dominanti, ruminano il 35% del tempo in meno a causa della riduzione del tempo di accesso alla mangiatoia e dell’ingestione. È dunque importante gestire al meglio gli spostamenti degli animali e assicurare loro i giusti spazi per ridurre al massimo l’instaurarsi di fenomeni gerarchici. Ci sono anche eventi fisiologici nella vita dell’animale che influenzano l’attività ruminale, come il parto o l’estro. Il giorno del parto è stata osservata una riduzione del tempo di ruminazione fino al 70% rispetto al tempo di ruminazione medio osservato durante il periodo di asciutta. Esiste infatti una finestra temporale intorno al parto in cui l’animale cala molto la ruminazione e successivamente ad esso riprende questa attività. Molti studiosi hanno sottolineato come questo potrebbe essere quindi usato come un indicatore per l’allevatore di un animale che si sta preparando al parto. È importante considerare che l’aumento del tempo di ruminazione dopo il parto si instaura molto più rapidamente (3 giorni) in bovine che hanno avuto tempi di ruminazione maggiori durante l’asciutta. Al contrario, l’aumento del tempo di ruminazione può instaurarsi solo dopo 15 giorni dopo il parto in bovine con un livello di ruminazione contenuto durante l’asciutta. È interessante notare inoltre che bovine a bassa ruminazione hanno una probabilità del 50% maggiore si avere diagnosticata almeno una patologia clinica dopo il parto (ritenzione di placenta, endometrite, chetosi, zoppie e mastite). Ciò si ripercuote sulla produzione durante il primo mese di lattazione che risulta ridotta del 25% (Rumination time around calving: An early signal to detect cows at greater risk of disease. L. Calamari, N. Soriani, G. Panella, F. Petrera, A. Minuti and E. Trevisi. Journal of Dairy Science Vol. 97 No. 6, 2014). Alla luce di questi risultati possiamo concludere che il tempo ruminazione potrebbe essere usato come indice del benessere della mandria. La recente introduzione di sistemi indiretti che consentono di misurare il tempo di ruminazione, sulla base dell’analisi di segnali sonori emessi durante tale processo, consente di creare un modello che rappresenta l’andamento dell’attività ruminale durante le 24 ore della mandria (Figura 3). Lo scostamento da questo modello è indicativo di disturbo in atto.
FIGURA 3: La tecnologia impiegata monitora e osserva 24 ore su 24 ogni singola vacca, permette di intervenire in modo preventivo sugli riducendo i tempi di intervento, i costi di gestione, ottimizzando le rese produttive e contribuendo al miglioramento dello stato di salute e del benessere animale. Gli obiettivi che giustificano l’adozione di questa tecnologia sono quelli di monitorare le vacche, sia a livello individuale che di gruppo, in modo tale da identificare precocemente gli animali più a rischio per problematiche sanitarie, ma anche di correggere e migliorare la gestione complessiva della mandria in ambiti quali la nutrizione, il cow comfort, la gestione degli spostamenti, lo stress termico. L’adozione della tecnologia di monitoraggio della ruminazione e del tempo in mangiatoia può davvero portare dei reali benefici nella gestione sia dei singoli individui che della mandria nel suo complesso concentrandosi maggiormente solo sugli individui presenti nella “lista di allarme salute”. Così anche chi opera sarà più efficiente in termini di tempo e risultati dovendosi focalizzare su animali che davvero necessitano di cure attente.