di Stefano Montanari
Quando si parla di costo di produzione si intende l’insieme dei costi che un’impresa deve sostenere per produrre un determinato bene o erogare un servizio. In un allevamento di suini da ingrasso, dove lo scopo ultimo è la produzione di carne, il costo di produzione è generato da vari fattori, tra i quali spicca l’alimentazione che rappresenta la spesa maggiore tra le voci. In quest’ottica di produzione esistono due valori che possono rivelarsi utili alleati nella valutazione economica alimentare di un ciclo produttivo, ossia l’indice di conversione alimentare (ICA) e la resa del mangime.
Che cosa sono
L’indice di conversione alimentare misura la capacità di un suino nel trasformare l’alimento ingerito in aumento di peso corporeo. Può essere definito come la quantità di mangime espressa in kg necessaria per depositare 1 kg di peso vivo (ad esempio, la quantità di mangime che un suino di 30 kg mangia per raggiungere il peso di 31 kg). Se ho un ICA pari a 3, significa che per produrre un kg di carne ho impiegato 3 kg di mangime; più basso è questo valore e più efficiente risulta essere la conversione del mangime in carne.
La resa alimentare invece, misura l’incremento di peso di un suino dopo che ha consumato 1 kg di mangime. Prendiamo nuovamente il nostro suino di 30 kg: dopo aver mangiato 1 kg di mangime pesa 30,5 kg; la resa sarà espressa dal rapporto tra l’incremento di 0,5 kg e il kg di mangime ingerito. Il risultato quindi sarà pari a 0,5 che espressa in percentuale risulterà pari al 50%. A differenza dell’ ICA maggiore è il valore percentuale della resa e più efficiente risulta essere la trasformazione del mangime in carne.
E’ importante sottolineare che nessuno dei due indici è una misura temporale, in quanto non vengono considerati né i giorni necessari a registrare l’incremento di peso di 1 kg (ica), né quelli per ingerire 1 kg di alimento (resa del mangime).
Monitoraggio e analisi
Il monitoraggio di questi valori e una loro attenta analisi può tramutarsi in un utile strumento economico atto a valutare un possibile punto critico del programma alimentare applicato. La resa del mangime può essere controllata nel corso del ciclo di produzione confrontandola con tabelle aziendali standard (accrescimento ponderale giornaliero atteso, ingestione di mangime prevista) in modo da valutare l’eventuale scostamento dai valori di riferimento ed intervenire tempestivamente sul programma alimentare applicato e/o sulla formulazione del mangime. L’accuratezza di questi valori è maggiore quanto più lungo è il periodo considerato: risultano realmente significativi solo se misurati per periodi superiori ai 3 mesi. Un peggioramento di questi valori durante un periodo o un ciclo indica la necessità di migliorare l’utilizzo del mangime per i cicli futuri: tutti i fattori che riducono l’incremento ponderale giornaliero compromettono l’efficienza alimentare allungando i tempi di permanenza in allevamento e incidendo negativamente sul costo di produzione.
Fattori che influenzano ICA e resa alimentare
Esistono numerosi fattori in grado di modificare questi due indici, sia in positivo che in negativo.
1) Peso vivo dei suini: L’ICA aumenta proporzionalmente col peso di macellazione dei suini come conseguenza dell’incremento progressivo dei fabbisogni di mantenimento (per fabbisogno di mantenimento si intende la quota di nutrienti necessari all’animale per mantenersi in vita senza produrre nulla); un animale di 60 kg necessita di 0,7 kg di mangime con valori nutritivi standard, a 90 kg necessita di 1,1 kg mentre a 120 kg di 1,3 kg. Si stima che nel suino leggero ogni kg di peso vivo in più alla macellazione modifichi l’indice di conversione alimentare di 0,01. Anche il peso dei suini all’inizio del ciclo di ingrasso ha una notevole importanza: per esempio, confrontare l’ICA di un gruppo di suini acquistati a 30 kg e macellati a 170 kg con quello di un altro gruppo di suini acquistati a 40 kg e macellati allo stesso peso, non risulta corretto né significativo poiché l’efficienza alimentare tra 30 e 40 kg è superiore rispetto alle fasi successive.
2) Velocità di accrescimento giornaliero: La capacità di deporre tessuto muscolare è strettamente correlata all’età degli animali. Negli animali giovani la quantità di carne depositata giornalmente è maggiore, mentre cala durante il periodo di finissaggio dove l’efficienza alimentare si riduce sia a causa dell’aumento della quota di mangime destinato a soddisfare i fabbisogni di mantenimento sia per la maggior deposizione di tessuto adiposo rispetto alla massa magra.
3) Razionamento: L’efficienza alimentare varia a seconda del livello di ingestione. Se un suino ingerisce una ridotta quantità di mangime rispetto al suo fabbisogno fisiologico, la maggior parte dei nutrienti verrà utilizzata per coprire il proprio fabbisogno di mantenimento con conseguente ridotto incremento ponderale giornaliero. Al contrario, consumando una quantità eccessiva di alimento si avrà un aumento del peso ma l’indice di conversione alimentare diminuirà perché si avrà un eccessivo deposito di grasso a discapito della massa magra. In linea di massima l’effetto del razionamento sull’indice di conversione alimentare dipende dalla sua intensità. Per principio, l’ica migliora quando la riduzione dell’apporto di alimento permette di diminuire il deposito di grasso senza alterare il deposito muscolare ma se il razionamento è troppo severo, la parte di nutrienti utilizzati per coprire i fabbisogni di mantenimento aumenta a scapito dell’ica. Nella produzione del suino pesante, l’ica tende a migliorare negli animali razionati in ragione del 85-90% della capacità d’ingestione volontaria; razionamenti più spinti portano a peggioramenti dell’ica. Un aumento della quantità di mangime somministrato, invece, riduce la conversione alimentare a causa dell’incremento del contenuto energetico dei tessuti depositati (prevalentemente grasso). Nei suini ad elevato accrescimento muscolare, il razionamento non migliora l’ica perché oltre a ridurre il deposito lipidico (già scarso), riduce anche il deposito di carne; questo tipo di animale non va razionato bensì alimentato a volontà.
4) Genetica e sesso: a parità di mangime ingerito, i maschi castrati hanno indici di incremento giornaliero inferiori e maggiori depositi adiposi rispetto alle femmine e ai maschi interi. Allo stesso modo suini ad elevato valore genetico (selezionati per avere rapidi accrescimenti ponderali) utilizzano in modo più efficiente l’alimento ingerito. Ne deriva che, al fine di aumentare l’efficienza alimentare e minimizzare gli sprechi, i maschi castrati e i suini di valore genetico inferiore dovranno essere razionati già a partire dalle fasi iniziali dell’ingrasso, mentre le femmine e i suini a più alto valore genetico subiranno una restrizione alimentare solo al raggiungimento di pesi maggiori.
5) Qualità del mangime: più elevata è la qualità del mangime e migliore sarà la conversione alimentare. I mangimi di qualità sono formulati in modo da coprire perfettamente i fabbisogni nutritivi del suino e sono studiati per massimizzare la digeribilità sfruttando al massimo i nutrienti ingeriti dall’animale; inoltre possono vantare una maggiore appetibilità, che ne facilita l’ingestione da parte dell’animale limitando gli avanzi in mangiatoia. Al contrario i mangimi a basso costo spesso non sono adeguatamente bilanciati e di conseguenza non permettono al suino di esprimere appieno il suo potenziale di crescita; inoltre possono essere prodotti con materie prime di qualità inferiore e questo aumenta la probabilità di incorrere nella presenza di fattori antinutrizionali e/o nella contaminazione da micotossine. In ultimo risulteranno meno appetibili e ne verranno ingerite quantità inferiori con possibili avanzi in mangiatoia e con conseguenze negative sull’accrescimento il mangime avanzato in mangiatoia inoltre, è un substrato ideale per la replicazione batterica e può andare incontro indesiderate fermentazioni, il che può causare problemi a livello gastroenterico negli animali. In ultimo la scarsa qualità dell’alimento si associa spesso ad aumento delle perdite per malattia e mortalità ed alla riduzione degli accrescimenti di peso. Un mangime meno costoso non è sinonimo di risparmio.
6) Valore nutritivo dell’alimento: La densità energetica del mangime misura il contenuto di energia per unità di peso (1 kg). Il consumo di un mangime a basso contenuto energetico sarà elevato, con conseguente riduzione dell’ICA, mentre un mangime più concentrato fornirà indici di efficienza alimentare decisamente superiori. La grassatura di un mangime ne aumenta la densità energetica con conseguente riduzione del consumo; ciò comporta un marcato miglioramento dell’indice di conversione alimentare. Il sotto-dosaggio o il sovra-dosaggio di alcuni nutrienti rispetto ai fabbisogni del suino costringono l’animale a compensare, adeguando il consumo di mangime o modificando il proprio metabolismo; per esempio, l’eccesso di proteina costringe il suino ad utilizzare alcuni aminoacidi come fonte energetica, ma la spesa energetica per la metabolizzazione degli aminoacidi è elevata e superiore a quella necessaria al loro deposito in massa muscolare con conseguente peggioramento dell’efficienza alimentare e aumento dell’escrezione di azoto urinario (per questo motivo una corretta formulazione è fondamentale).
7) Concentrazione energetica dell’incremento di peso: L’incremento di peso che si registra in un suino è dovuto alla somma del deposito di numerosi tessuti: muscolare, adiposo, osseo, cartilagineo, organi e sangue. Il deposito di grasso richiede più energia rispetto al deposito di tessuto magro (circa 3,5 kg di mangime per ogni kg di tessuto adiposo depositato contro 1,25 kg di mangime per ogni kg di tessuto magro – “Whittemore, 1993”); ne consegue che il deposito di grasso richiede un consumo maggiore di mangime. La deposizione di tessuto adiposo cresce all’aumentare del peso vivo e in soggetti geneticamente meno predisposti a rapidi incrementi giornalieri. Condizioni di allevamento che ostacolano l’accrescimento di peso dei suini quali sovraffollamento, malattie, temperatura, ecc., portano ad un peggioramento dell’efficienza alimentare per la diminuzione dello sviluppo di tessuto magro e l’aumento di quello adiposo.
8) Granulometria: la granulometria del mangime incide sulla capacità digestiva del suino. Per un’ottimale conversione alimentare la dimensione delle particelle dovrebbe essere compresa fra 650 e 750 micron. Se troppo grossolano, il mangime risulta meno digeribile con conseguente calo dell’indice di conversione alimentare: è stato valutato che un aumento di dimensione delle particelle di mangime di 100 micron causa un peggioramento dell’efficienza alimentare di circa 1,3%, mentre una macinatura troppo fine, aumenterà l’incidenza di ulcere gastriche. Infine la trasformazione del mangime in pellet migliora l’efficienza alimentare di una percentuale compresa tra il 3% ed il 6% circa.
9) Spreco di mangime: Il mangime distribuito giornalmente per ogni suino deve tener conto anche della quota sprecata che può raggiungere valori superiori al 30%. Gli sprechi possono dipendere da numerosi fattori, singoli o combinati: mangiatoie rotte, difettose o inadatte, errori nella distribuzione del mangime, perdite nello stoccaggio delle materie prime ad opera di funghi, insetti e roditori. Mettere in atto delle semplici ma efficaci pratiche manageriali volte ad eliminare gli sprechi non solo è un ottimo modo per migliorare l’indice di conversione alimentare, ma avrà anche un impatto positivo sulla riduzione dei consumi e conseguentemente sui costi alimentari. Prendiamo ad esempio un allevamento di suini alimentati a secco: se la mangiatoia è posta sul grigliato, una quota di mangime verrà persa perché cadrà fra gli spazi della pavimentazione (foto 1 e 2); un semplice accorgimento come posizionare una parte di pavimento pieno sotto la mangiatoia aiuterà a limitare gli spechi (foto 3 e 4).
10) Densità dei suini: è ormai cosa risaputa che il sovraffollamento concorre ad una riduzione dell’ingestione del mangime e di conseguenza alla diminuzione dell’incremento medio giornaliero e dell’efficienza alimentare: si registra una riduzione del 3% di ingestione di alimento per ogni 0,1 m² di riduzione di spazio rispetto alle indicazioni standard. Questo calo di ingestione non solo ha un impatto negativo sulla crescita degli animali ma agirà anche sul loro umore rendendoli più nervosi ed aggressivi, innescando meccanismi di competizione alimentare e lotte con conseguente aumento di traumi, ferite e zoppie. In ultimo, ma non meno importante in caso di problematiche sanitarie la diffusione sarà maggiore e più rapida. Il tutto si traduce in tempi più lunghi di permanenza in allevamento con aumento dei costi di produzione. Più suini per box non è sempre sinonimo di maggior guadagno a fine ciclo.
11) Temperatura: esiste un range di temperatura, definito zona di termoneutralità compreso tra i 18 e i 24 gradi C°, che individua il limite minimo e massimo entro cui il suino esplica al meglio il proprio potenziale zootecnico al di fuori di questa zona l’efficienza alimentare peggiora. Il freddo aumenta la quota di mangime destinata a soddisfare i fabbisogni di mantenimento (mantenimento della temperatura corporea), inficiando sull’aumento di peso, mentre con l’aumentare della temperatura, ad ogni grado in più oltre il livello di comfort termico si avrà una riduzione dell’ingestione di circa 30 grammi di mangime (i suini all’ingrasso risultano essere molto più sensibili alle alte temperature, in special modo nella fase di finissaggio).
12) Malattie: In genere i suini colpiti da malattia riducono l’ingestione di alimento con conseguente peggioramento dell’accrescimento giornaliero e dell’indice di conversione alimentare. Inoltre alcune patologie agiscono direttamente sul sistema digerente dell’animale, andando ad inficiare in modo permanente la sua capacità di metabolizzare l’alimento, anche dopo la risoluzione della patologia stessa.
13) Mortalità: Per ogni punto percentuale di mortalità l’indice di conversione alimentare aumenta del 2%. I suini persi nel corso del ciclo produttivo non vengono ovviamente considerati come carne prodotta nel calcolo dell’ICA, pur avendo consumato mangime fino alla loro morte. L’alimento consumato verrà comunque calcolato e verrà quindi ripartito sui suini che terminano il ciclo di allevamento. È evidente che maggiore è la mortalità e più elevata sarà la quantità di mangime utilizzato dai suini morti che non generano carne vendibile. Inoltre, quanto più sarà concentrato il decesso dei suini nella fase finale del ciclo, tanto maggiore sarà l’effetto sull’indice di conversione alimentare: ogni suino avrà consumato una maggior quantità di mangime che verrà attribuito agli altri animali.
Ricerca del punto di convenienza economica
Tutti questi accorgimenti, finalizzati a migliorare l’utilizzo del mangime, sono un’opportunità di riduzione del costo di produzione del suino. Nell’allevamento del suino pesante anche una piccola variazione dell’indice di conversione alimentare si traduce in riduzione notevole della quantità di mangime consumato e del costo alimentare. Ad esempio, una riduzione di 0,1 dell’indice di conversione alimentare significa che per ingrassare un suino da 30 a 170 kg di peso vivo, si risparmiano 14 kg di mangime (170 kg – 30 kg = 140 kg di incremento di peso; 140 kg x 0,1 = 14 kg di mangime). Un altro aspetto importante da non sottovalutare nel migliorare l’indice di conversione alimentare è una riduzione della produzione di liquame e quindi un conseguente abbassamento dei relativi costi di stoccaggio e di trattamento.