di Giulio Discacciati

Presentazione di due progetti realizzati con il contributo del PSR 2014 – 2020: Smart & Green Milk, Sostenibilità e diversificazione produttiva nella filiera del latte vaccino * Indicazioni per l’impego di cover crops nella coltivazione di mais e soia in agricoltura biologica. Il Progetto CSA-MeS-BIO *

Dal campo alla tavola: preservare l’agricoltura e soddisfare il consumatore

Il 6 marzo scorso presso la sala riunioni della Copag a Ghedi si è tenuto il convegno di chiusura dei due progetti realizzati con la collaborazione delle cooperative dei gruppi Cis e Carb nell’ambito della Misura 16 del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 della Regione Lombardia.

I lavori vengono introdotti dal Prof. Angelo Frascarelli, docente di Economia e Politica Agraria all’Università di Perugia che, con il suo intervento “Valorizzazione di filiera: direzione obbligata tra Pac e mercato”, riporta al centro il ruolo dell’allevatore. Oggi il paradigma “produci e vendi” è superato dall’ “ascolta e rispondi”, che impone inevitabilmente l’apertura di un dialogo tra produttore e consumatore.

In quest’ottica è quindi il consumatore che traina la direzione della filiera che deve inevitabilmente essere organizzata per adeguare la produzione in termini qualitativi ma anche quantitativi alle richieste del mercato. L’Unione Europea ha infatti aperto una consultazione pubblica in cui 322.000 cittadini europei hanno espresso i loro principali interessi in riferimento alla prossima Pac 2021- 2027, il cui documento introduttivo antepone di fatto la parola alimentazione a quella di agricoltura. I consumatori chiedono più salute: biologico, cento per cento italiano, km zero, ecosolidale, indicazione geografica, superfood, integratori, prodotti free from, praticità, prodotti certificati. In questo contesto mostrano sofferenza tutti i prodotti zootecnici abbinati all’idea che impattino negativamente su salute e ambiente e che quindi, necessitano di azioni volte a riqualificarli rispetto a questa importante tematica.

L’attività promossa da Carb, Cooperative Agricole Riunite Bresciane, insieme a Comazoo, Cooperativa per il miglioramento agricolo e zootecnico, e alle aziende socie Bellini Luigi e Canobbio Mauro ha inteso realizzare un intervento che ha seguito uno degli obiettivi ambientali del PSR, cioè “incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare”.

Sostenibilità e diversificazione produttiva nella filiera del latte vaccino (Smart&Green Milk) è il progetto presentato dalla Dott.ssa Maria Teresa Pacchioli del CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali S.p.A. di Reggio Emilia, responsabile scientifico di una serie di attività svolte in campo e in stalla, finalizzate ad un risultato preciso: disegnare un percorso di sostenibilità del sistema produttivo del latte come elemento distintivo ed eventualmente spendibile a livello commerciale. Nei due anni del progetto è stato infatti impostato ed applicato un protocollo per la certificazione di impronta del carbonio del latte che esce dal cancello della stalla, realizzato con la metodologia dell’analisi del ciclo di vita (LCA).

L’impronta del carbonio è un indicatore ambientale che misura l’impatto delle attività umane sull’ambiente ed in particolare sul clima dei gas «a effetto serra», riconducibili principalmente all’anidride carbonica da combustioni, per la produzione di alimenti per il bestiame, sia aziendali che acquistati, e alle emissioni enteriche che sono fortemente influenzate dalla composizione della dieta. A queste si aggiungono i gas (N2O e CH4) che si generano dalle deiezioni: in stalla, nello stoccaggio e nell’uso agronomico dei reflui. Il calcolo dell’impronta del carbonio delle due aziende agricole che hanno partecipato al progetto mostrano per le produzioni 2016, ovvero ad inizio progetto, valori medi di kg di CO2 eq./kg di latte corretto grasso e proteine prodotto pari a 1,04 e 1,20. Questi dati, pur rientrando nei valori medi della Pianura Padana, sono stati migliorati riducendoli rispettivamente del 7% e del 19%, ovvero portando entrambe a 0,97 CO2 eq./ kg, grazie all’applicazione delle seguenti strategie di mitigazione:

1. Applicazione di sistemi colturali e foraggeri per aumentare la produzione aziendale di alimenti di qualità per le bovine da latte, ovvero energia netta latte e proteina. In particolare:

  • Cereali vernini (loiessa, frumento tenero, orzo ibrido, triticale, e un loro miscuglio) da affienare che tengono coperto il terreno in inverno, ma lo liberano presto (entro il mese di maggio), consentendo la produzione di una seconda coltura di pregio, come il mais per insilato o pastone, integrale o di spiga.
  • Soia destinata ad una filiera nazionale che produce anche farine proteiche per la zootecnia.

2. Riduzione rispettivamente del 30 e 40% del potere acidogeno delle razioni con conseguente aumento della longevità delle lattifere e riduzione della quota di animali improduttivi.

3. Migliore gestione dei reflui aziendali ad uso fertilizzante con conseguente minore impiego di concimi di sintesi chimica.

4. Utilizzo di energie rinnovabili quali biogas e fotovoltaico.

Il progetto Smart&Green Milk ha potuto quindi dimostrare, in una casistica reale costituita da due aziende zootecniche tipo del territorio lombardo per la produzione del latte, come sia possibile adottare strategie di mitigazione delle emissioni che siano anche convenienti, compatibili con gli assetti aziendali esistenti e che, soprattutto, vadano nel senso della migliore efficienza della produzione. Queste buone pratiche che sottendono la sostenibilità del comparto agro zootecnico, sono convergenti rispetto a diversi sistemi produttivi come evidenzia la Dott.ssa Sujen Santini ricordando i principi fondanti il sistema produttivo biologico. Temi comuni sono infatti l’importanza di preservare la fertilità del suolo, l’utilizzo delle risorse locali, la longevità degli animali e il legame con la terra. In particolare questo aspetto sottolinea l’importanza del comprensorio quale spazio di condivisione fattiva e sinergica delle pratiche agronomiche. Questo tema è particolarmente sentito dagli allevatori di pianura che hanno deciso o vorrebbero convertirsi al biologico, processo che in fase iniziale rende necessario il compromesso con una linea genetica bovina ad alto input energetico e quindi una tradizionale impostazione basata sulla coltivazione di mais e l’acquisto di fonte proteica da soia. Proprio la dipendenza da tali prodotti può essere individuata come uno dei maggiori freni allo sviluppo della zootecnica da latte biologica in Lombardia, a causa della difficoltà di approvvigionamento che il settore deve affrontare e al difficile reperimento di alimenti zootecnici compatibili con i vincoli normativi di qualità.

Da qui l’interesse per la possibilità di produrre mais e soia in biologico, che è lo scopo del successivo progetto “CSAMeS- BIO: indicazioni per l’impego di cover crops nella coltivazione di mais e soia in agricoltura biologica”. Oggi questo auspicio si fonda solo su tecniche di controllo meccanico, con notevoli perplessità sia in termini di sostenibilità ambientale, vedi l’alta produzione di anidride carbonica richiamata dalla precedente esposizione, che in termini di sostenibilità economica. Il Dott. Luciano Pecetti del Crea- Za di Lodi, responsabile scientifico, illustra come l’uso delle cover crops rullate con effetto pacciamante, quindi non terminate con sovescio, potrebbe invece offrire una soluzione di controllo delle infestanti efficace, ma anche attenta alla difesa dell’ambiente e sostenibile economicamente. La sperimentazione è stata condotta per due anni presso tre aziende per la coltivazione di mais (Maffei Tarcisio, Lazzari Alessandra, Corte Strale) e altrettante per la coltivazione di soia (Lovati Renata, Dordoni Maria Tersa e Chiara, Corte Strale). Il primo anno mettendo a confronto cover crops seminate in autunno e rullate in primavera con altre, a sviluppo limitato, seminate contemporaneamente alle colture da reddito in primavera. Il secondo anno non sono state utilizzate le covers primaverili in quanto dimostratesi troppo competitive con la coltura principale. Per il mais nel secondo ciclo sono state implementate le prove delle sole covers seminate in autunno, mettendo a confronto la realizzazione dello strato di pacciamatura vegetale con due terminazioni diverse: con rullatura e trinciatura. Per la soia nel secondo anno si è messa a confronto la semina con e senza l’utilizzo dello strip-till prima della semina, sempre realizzando lo strato pacciamante con la rullatura delle covers.

L’utilizzo dello strip-till è una tecnica che era stata già introdotta nelle prove del primo anno in base all’esperienza di una precedente sperimentazione, che aveva fatto intuire che la semina su sodo, in particolare per il mais, non sarebbe stata ottimale. La sperimentazione ha riguardato la veccia vellutata e il trifoglio incarnato come covers autunnali per il mais e la segale e il triticale come cover autunnali per la soia, evidenziato una maggiore capacità di controllo delle infestanti da parte della veccia rispetto a trifoglio nelle prove di mais, chiarito che il momento migliore per la semina di queste covers nei nostri areali è probabilmente a metà settembre e che il loro utilizzo può competere con il controllo meccanico. Non si sono osservate differenze tra le tesi confrontate sulla qualità nutrizionale e sanitaria del mais. Si è osservato invece un maggior accumulo di carbonio organico nel terreno con l’uso delle covers. È stato realizzato anche uno studio economico che dimostra come i margini lordi con l’uso di cover crops appaiono positivi e non trascurabili a partire da una produzione di circa 40- 45 q.li/ha di granella per il mais e 20- 25 q.li/ha per la soia.

I due anni di sperimentazione non sono stati sufficienti per dare indicazioni definitive e non paiono immediatamente generalizzabili, ma offrono delle prospettive interessanti che però vanno inserite sicuramente in una strategia integrata più ampia e comprendente rotazioni e false semine. Inoltre, la nostra sperimentazione ha evidenziato come le cover rullate siano molto di più di un “semplice” sodo e che uno dei punti cruciali dello sviluppo prossimo nell’utilizzo delle tecniche proposte per il controllo delle infestanti in mais e soia, sia lo studio di attrezzature che affrontino con modalità radicalmente innovative queste possibilità.

Conclude gli interventi tecnici Sujen Santini che presenta Filbio.it, un contratto di rete per la valorizzazione delle produzioni agrozootecniche in un’ottica non solo biologica ma più ampiamente di qualità riconoscibile e certificata. Ne fanno parte Comazoo, Comab, Cis, Agrilatte, FCS, San Pieesperienze tro, cooperative che da sempre perseguono l’obiettivo di creare prospettive, opportunità e condivisione per la propria base sociale. Vengono presentate le attività che Filbio.it svolge per lo sviluppo di percorsi di qualità e che potete trovare sul sito www.filbio.it. A seguire la tavola rotonda coordinata da Marco Ottolini di Agrilatte è l’occasione per ascoltare la testimonianza di Gianluca Ferrari vicepresidente Granarolo e Granlatte che presenta le strategie condivise nel loro bilancio di sostenibilità, pienamente in accordo con le linee guida proposte da Frascarelli. Anche Stefano Pezzini, presidente di Latteria San Pietro ci parla di innovazione messa in atto dal caseificio negli ultimi anni, tra cui la realizzazione del nuovo stabilimento dedicato alla produzione biologica. Interviene anche il Dr. Paolo Carnemolla presidente Federbio Servizi, sottolineando l’impegno al fianco degli operatori biologici nella consapevolezza della serietà con cui è richiesto l’affronto del mondo biologico nella difesa della sostenibilità della produzione di qualità e della conversione allo stesso, senza facili illusioni.

Marco Baresi presidente del Cis e Mauro Canobbio presidente di Carb concludono la tavola rotonda ricordando che l’innovazione all’interno del nostro gruppo di cooperative è sempre stata presente per garantire continuità al nostro sistema agro zootecnico, secondo lo spirito di condivisione che lo ha sempre contraddistinto.

Fabio Perini, presidente Confcooperative FedAgriPesca Lombardia, riporta alle riflessioni di apertura, sottolineando la necessità di un cambio di passo importante nel confronto e nell’ascolto delle esigenze del mondo agricolo e cooperativo, anche in rapporto con la politica e con il consumatore. Le conclusioni vengono affidate all’Assessore all’Agricoltura Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia Fabio Rolfi che ringrazia dell’invito e dell’occasione per ascoltare le esigenze di molte realtà agricole e cooperative del territorio lombardo che, afferma, sono state spesso un importante ammortizzatore sociale. Nel suo intervento tocca diversi punti, spaziando dalla difesa del territorio attraverso la distintività delle produzioni locali come punto di forza di una competitività sostenibile importante, al tema del piano nazionale dei nitrati, che significa buon utilizzo del digestato in termini agronomici e della sua semplificazione nelle modalità di spandimento, al rapporto con la grande distribuzione, dimostrando di conoscere adeguatamente le esigenze del mondo agricolo.