di Sujen Santini

In tempo di bilanci condividiamo anche qualche interessante informazione dal Report SINAB 2017, il Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica (www.sinab.it)

Continua la corsa del biologico italiano che cresce con ritmi sorprendenti e si afferma sempre di più come un comparto economico di grande interesse per il nostro agroalimentare. L’attenzione verso i temi della sostenibilità sia da parte dei consumatori che del mondo della produzione agroalimentare è oramai un pilastro saldo, è sempre più al centro delle politiche di sviluppo del nostro Paese. Per questo la crescita del biologico viene seguita con molta attenzione dalle Istituzioni europee e nazionali: è un comparto che si basa su un sistema complesso di regole e garanzie, che deve essere continuamente verificato ed aggiornato, per creare le migliori condizioni di crescita di un settore che rappresenta la punta più avanzata dell’agroalimentare di qualità.

GRAFICO 1
Dimensione media aziendale nazionale e biologica, per Area geografica (valori in ettari)

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SUPERFICI, OPERATORI E PRODUZIONI I dati elaborati dal SINAB riportano per il settore un sostanziale passo in avanti: è di due cifre, infatti, l’incremento sia delle superfici che degli operatori rispetto all’anno precedente. Le superfici coltivate con metodo biologico in Italia hanno raggiunto il 14,5% della SAU nazionale. I principali orientamenti produttivi riguardano le colture foraggere, i pascoli ed i cereali. Le aziende agricole biologiche in Italia rappresentano invece il 4,4 % delle aziende agricole totali, questo in conseguenza al diverso rapporto estensivo che contraddistingue i sistemi produttivi biologici: la dimensione media di un’azienda biologica in Italia, infatti, risulta pari a 28 ha, a fronte del dato nazionale di 8,4 ha (grafico 1). Anche per le produzioni animali i dati evidenziano, rispetto allo scorso anno, un aumento consistente, in particolare per bovini e suini (tabella 1). La consistente conversione verso il biologico registrata per la zootecnia deriva da un lato dallo sviluppo del mercato del biologico, che richiede sempre di più prodotti lattierocaseari, e, dall’altro, da un momento particolarmente complesso dei prezzi sul mercato dei prodotti convenzionali della zootecnia.

TABELLA 1
Zootecnia (numero di capi)

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MERCATO E CONSUMI Le vendite del food biologico presso la grande distribuzione, proseguono la loro performance nei primi mesi del 2017 con un incremento di oltre il 15% (grafico 2). In particolare, i primi dati del 2017 continuano ad essere incoraggianti per latticini e carni fresche e trasformate e denotano un interesse sempre maggiore per queste categorie di prodotto certificato, nonostante un peso assoluto, in termini di valore, ancora modesto, che giustifica una possibilità di crescita più rapida.

GRAFICO 2
Dinamica annua dei consumi in valore del biologico a peso fisso nella GDO e confronto con il trend dell’agroalimentare totale – Variazioni %

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“L’AGRICOLTURA BIOLOGICA È LA PIÙ GIOVANE E ACCULTURATA D’ITALIA” Secondo gli ultimi dati ufficiali del Censimento dell’agricoltura Istat, nelle aziende biologiche il capo azienda è mediamente più giovane: il 22% delle aziende bio ha un capo d’azienda di età compresa tra i 20 e i 39 anni, contro il 9% delle aziende agricole italiane. Non solo più giovani ma anche più istruiti. Il 16,8% degli agricoltori biologici vanta una laurea (tre volte tanto il 6,2% del totale delle aziende agricole) e il 32,3% ha un diploma di scuola superiore (quasi il doppio del 17,8% della media delle aziende agricole italiane). Giovane età e scolarizzazione più elevata si traducono in una maggiore propensione all’innovazione e alla tecnologia. Il livello di istruzione risulta essere un criterio discriminante anche in relazione alle scelte d’acquisto dei consumatori: nel 2016, l’81% di chi ha una laurea, il 72% di chi ha un diploma superiore e il 66% di chi ha un titolo della scuola dell’obbligo o inferiore ha consumato prodotti biologici; allo stesso modo anche l’età ha la sua influenza: secondo dati Nielsen, fino a 34 anni il claim più recepito è il “cruelty free”, davanti a “bio” e “dop”. Per quanto riguarda la generazione 35-49 anni vince il “bio” davanti al “cruelty free”, tra 50–64 anni gli indici di penetrazione più elevati sono quelli di “bio” e “dop”, mentre tra gli over 65 è superiore quello “dop” mentre il “bio” e il “cruelty free” sono inferiori alla media (grafico 3).

GRAFICO 3
IL CIBO E I NOSTRI TEMPI

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