di Paolo Malizia e Sonia Rumi
Il CREA, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, ha prodotto un report, il terzo nel 2022, che fornisce una analisi ufficiale dell’impatto della crisi energetica sui bilanci delle aziende di bovine da latte e sui costi di produzione del latte.
Il rapporto del CREA, pubblicato lo scorso settembre, scaturisce dallo studio dei dati RICA, Rete di Informazione Contabile Agricola, emanazione del CREA stesso e documenta le difficoltà di una agricoltura che affronta una crisi senza precedenti dovuta agli effetti della guerra e aggravata dall’emergenza idrica. L’obiettivo del documento è quantificare gli effetti determinati dall’aumento di alcuni costi di produzione sui risultati economici delle aziende zootecniche, in particolare quelle da latte, uno dei settori più colpiti dall’impennata dei costi. Si sono analizzate 8 voci di costo per gli ultimi 5 anni disponibili, 2016- 2020, su un campione di oltre 2000 aziende. Le voci di costo comprendono sementi, fertilizzanti, fitosanitari, mangimi, foraggi e lettiere, gasolio, energia elettrica e noleggi passivi.
Il dato principale evidenziato dalla Tabella 1 è che nel primo semestre 2022, rispetto ai valori di riferimento del quinquennio 2016-2020, si è avuto, nelle stalle di vacche da latte, un aumento di costo medio di produzione di oltre 90.000 euro con una variazione in percentuale superiore al 110%. I valori di incremento in senso assoluto di mangimi ed energia elettrica raggiungono rispettivamente i 34.000 (+95%) e oltre 35.000 € (+1.100%) per azienda.
Se analizziamo nella Figura 1 la composizione dei costi correnti nella situazione di partenza (quinquennio 2016-2020) la componente che pesa percentualmente di più (45% dei costi correnti) è quella dei mangimi, seguita da foraggi e lettiere (8,3% dei costi correnti). In seguito all’aumento dei costi delle materie prime cambia non solo il valore assoluto dei costi correnti aziendali, ma anche la composizione tra le diverse componenti con una predominanza del valore percentuale di costo per l’elettricità che passa al 5,2% al 23,4% dei costi totali.
Un dato importante che si evince dalla Figura 2 è che la dimensione aziendale influisce direttamente sul contenimento dei costi correnti poiché le aziende di dimensioni maggiori hanno incrementi percentuali dei costi leggermente inferiori a quelli di aziende di minor dimensione; la motivazione potrebbe essere legata alla capacità di applicare, nelle grandi aziende, economie di scala capaci di contenere l’aumento dei costi correnti. L’area geografica su cui insistono la maggior parte delle nostre aziende socie, caratterizzate da una dimensione aziendale medio – grande o grande, manifesta un incremento dei costi, in termini assoluti, più elevato (oltre 138.000€ per azienda), ma in termini percentuali un incremento lievemente più basso rispetto ad altre aree d’Italia (106,2%). La seconda parte del rapporto analizza gli effetti degli aumenti dei costi energetici e delle materie prime per litro di latte prodotto. Nella situazione di base 2016-2020 il costo operativo per la produzione di un litro di latte, in valore assoluto, è pari a 30 centesimi/litro; nel primo semestre 2022 tale costo viene collocato a 54 centesimi/ litro, con un incremento percentuale dell’82% e quindi con un costo aggiuntivo di 24 centesimi/litro. Assumendo come prezzo di riferimento i valori CLAL del quinquennio 2016- 2020, valore medio 36,5 centesimi/ litro e per il primo semestre 2022 47,1 centesimi litro si evidenzia un peggioramento del quadro economico, infatti, se nella situazione di base (2016- 2020) il prezzo del latte è risultato essere superiore al livello dei costi di produzione, nella condizione attuale il prezzo appare insufficiente a coprire i costi cresciuti enormemente a seguito della crisi energetica.
Tali dati sono evidenziati nella Figura 3. Risulta chiaro, di fronte a questi dati, che la capacità di resilienza delle nostre aziende zootecniche da latte è messo a dura prova da questa congiuntura economica sfavorevole. Le conclusioni del rapporto sono che una azienda su quattro potrebbe non riuscire a coprire i costi correnti con il forte rischio di dover chiudere l’attività. È altresì vero che la dimensione aziendale, sia economica che rapportata al numero di vacche allevate, delle nostre aziende socie, la collocazione territoriale e la destinazione produttiva del latte, con una trasformazione e una valorizzazione superiore rispetto al prezzo sul quale sono basate le analisi del CREA, possono mitigare una situazione di chiara difficoltà. Non bisogna, però. dimenticare che le aziende di medio – piccole dimensioni, più penalizzate, sono una componente importante di tutela del territorio, generano un indotto significativo in aree marginali e spesso producono prodotti DOP minori ma fortemente legati e valorizzanti il territorio. In questo, la Cooperativa, garantendo un trattamento paritario dei propri Soci indipendentemente dalle dimensioni aziendali, può essere di aiuto.